
Cercarsi

Trovarsi

Capirsi

Amarsi

Per sempre
Cercarsi
Trovarsi
Capirsi
Amarsi
Per sempre
In quella grande casa, una stanza sarà segreta come quella dei migliori romanzi. Mi ci recherò solo io chiudendo la porta dietro di me. Sarà un luogo di contemplazione, lettura, preghiera, meditazione, creazione, silenzio. Le pareti ospiteranno volti e parole. Su una, in bella calligrafia, questo Inno Agli Alberi di Hugo. Affacciandomi dalla finestrella, nel punto alto della casa, vedrò quel bosco così amato, così generoso e amico. E non saprò resistere dal discendere i piani velocemente e, in quel bosco, immergermi di luci e di fruscii, di carezze e di sussurri, alzando lo sguardo per cogliere la possenza di un albero, o sedermi ad ascoltare la sua voce.
Non rumori ma messaggi, non parole ma vibrazioni. E profumi. E respiri all’unisono. E pace.
Agli alberi Alberi della foresta, voi conoscete il mio animo! Come gli invidiosi, la folla loda e critica; Voi mi conoscete, voi! Mi avete spesso visto, Solo nelle vostre profondità, guardando e sognando. Voi lo sapete, la pietra su cui corre lo scarabeo, L’umile goccia d’acqua di fiore in fiore caduta, Una nuvola, un uccello, mi occupano un giorno intero. La contemplazione m’empie il cuore d’amore. Mi avete visto cento volte, nella vallata oscura, Con le parole che dice lo spirito alla natura, Interrogare sottovoce i vostri rami palpitanti, E con lo stesso sguardo inseguire al tempo stesso, Pensoso, la fronte chinata, lo sguardo nell’erba profonda, Lo studio d’un atomo e lo studio del mondo. Attento ai vostri suoni che parlano tutti un poco, Alberi, mi avete visto fuggire l’uomo e cercare Dio! Foglie che trasalite alla punta dei rami, Nidi di cui il vento da lontano semina le piume bianche, Chiarori, vallate verdi, deserti oscuri e dolci, Voi sapete che sono calmo e puro come voi. Come al cielo i vostri profumi, il mio culto a Dio si protende, E son pieno di oblio come voi di silenzio! L’odio sul mio nome sparge invano il suo fiele; Sempre, – io vi attesto, oh boschi amati dal cielo! – Ho cacciato lontano da me ogni pensiero amaro E il mio cuore è ancora come lo fece mia madre! Alberi dei grandi boschi che fremete sempre, Io vi amo, e voi, edera alla soglia degli altri sordi, Forre in cui si sentono filtrare le fonti vive, Cespugli che gli uccelli saccheggiano, gioiosi convivi! Quando sono tra voi, alberi di questi grandi boschi, In tutto quel che m’attornia e mi nasconde al tempo stesso, Nella vostra solitudine in cui rientro in me stesso, Sento qualcuno di grande che m’ascolta e che mi ama! Così, boschi sacri in cui Dio stesso appare, Alberi religiosi, querce, muschi, foresta, Foresta! È nella vostra ombra e nel vostro mistero, Nella vostra chioma augusta e solitaria, Che voglio riparare il mio sepolcro dimenticato, E che voglio dormire quando mi addormenterò. Victor Hugo
Ormai posso dire che è un’attività che mi impegna davvero molto. Sono iscritta a decine e decine di associazioni che lottano per i diritti animali e perché sia riconosciuta la loro sofferenza. Un giorno le conterò, ma la realtà è che continuo ad iscrivermi e a partecipare sempre più a nuove iniziative, nuovi movimenti, restando poi sempre in contatto con loro per conoscere le sorti delle petizioni a cui partecipo, e sono centinaia. Ho deciso quasi due anni fa di scrivere tutte le azioni a cui partecipo, e quando ho cominciato a vedere la quantità di fenomeni di violenza e di sopruso che sono degne ogni mese di grande attenzione, mi sono impressionata. Intendo, in realtà, aumentare a dismisura la mia partecipazione, vorrei arrivare ad iscrivermi a qualsiasi movimento e associazione si batta su qualunque tema a livello locale, nazionale, internazionale dell’intero mondo. Mi aiuta la conoscenza di alcune lingue, perché così posso a mia volta interagire con loro e segnalare casi a me noti. Attualmente, le mail di iniziative e petizioni sono già così tante da non poterle seguire giornalmente. Devo per forza lasciar scorrere due-tre giorni per poi immergermi per alcune ore e dar loro seguito evitando troppo arretrato, o le azioni non sarebbero sempre efficaci. Le tematiche sono le più svariate, e un po’ alla volta le illustrerò io stessa sperando di gettare qualche seme nella coscienza di qualcuno. Non si tratta poi, solo, di cliccare da qualche parte, ma di leggere molti studi, narrazioni, inchieste su ciò che orribilmente avviene in ogni angolo del mondo. Talvolta, mi si accappona la pelle, pur avendo già visto e letto di tutto. Il livello di malvagità che l’uomo è in grado di raggiungere mi lascia sgomenta. Al momento, la mia azione è incisiva sul territorio italiano, francese, spagnolo, americano, canadese, indiano. Vorrei raggiungere l’intero pianeta, vorrei conoscere ogni singolo sopruso riguardi quelle anime innocenti, vorrei partecipare a tutto. Parteciperò a tutto, l’ho deciso. Alcune campagne, ovviamente, si ripropongono, perché certe manifestazioni di pura violenza si ripetono negli anni rimanendo inascoltate. Altre richiedono tempo perché le persone comincino a riflettere e a voler cambiare la propria visione del mondo e della vita. Della loro, innanzitutto, e dunque di quella degli altri. Alcune sono iniziative di giustizia per un singolo animale che ha subito atti violentissimi, altre sono destinate agli esponenti governativi, al Congresso americano, ai ministri dei vari paesi, ai legislatori perché introducano migliorie e mitighino qualche effetto. C’è anche qualche vittoria, delle gocce nel mare. Ma la mia personale impressione è che la violenza contro gli animali stia paurosamente aumentando, sia in forma diretta e derivante dalla rabbia insita in gran parte dell’umanità, sia in forma indiretta e a volte inconsapevole, come quella derivante dall’alimentazione carnea. Non viene praticata dal singolo, ma viene demandata ad altri. L’ultima cosa che vorrei fare è girare la faccia dall’altra parte, e questa attività mi ha accompagnata sin da quando avevo 8-10 anni e al tg dell’epoca mostrarono le efferatezze perpetrate agli animali nei laboratori farmaceutici. Non se ne parlava quanto ora, ma le battaglie non scherzavano affatto, facevano chiudere interi reparti d’azienda con picchetti che potevano durare mesi. La società inglese era all’avanguardia, in questo, ma quella stessa cultura ha imposto un modello di ricerca del guadagno a tutti i costi che oggi è fuori controllo e non fa onore a nessuno, che ha relegato gli animali a oggetti da sfruttare in tutti i modi. Continuerò imperterrita a partecipare a tutto, ad aumentare le mie iscrizioni in ogni dove, a fare gesti per loro sperando che perdonino quelle mani che, avendoli tanto odiati, odiavano se stesse.
SAGGI I SERIE
STORIA
Roma, la Gallia, la Britannia, l’America, giacciono racchiuse già nel primo uomo. Esiste una relazione fra le ore della nostra vita e i secoli del tempo. Ogni singolo individuo è ancora una volta incarnazione della mente universale. Tutte le proprietà di essa esistono in lui. Ogni nuovo passo che egli compie nella sua esperienza privata getta la sua luce su quello che grandi masse di uomini hanno fatto, e le crisi della sua vita sono strettamente connesse alle crisi nazionali. Ogni rivoluzione fu dapprima un pensiero della mente di un solo uomo, e quando lo stesso pensiero nasce nella mente di un altro uomo esso diventa la chiave per capire quell’età.
Sentiamo il nostro animo in risonanza con i grandi momenti della storia, con le grandi scoperte, le grandi lotte, le grandi fortune degli uomini.
Un pittore mi disse che nessuno può dipingere un albero senza diventare in qualche modo un albero.
È stato detto che ‘le anime comuni pagano con quello che fanno, le anime più nobili con quello che sono’.
Una signora con la quale stavo cavalcando nella foresta, mi disse che sempre le pareva che i boschi ‘aspettassero’, come se i geni che abitano dentro di loro sospendessero le opere finché il viandante non fosse passato oltre.
Io ammiro l’amore della natura di Filottete. Leggendo quelle belle apostrofi al sonno, alle stelle, alle rocce, alle montagne e alle onde, io sento passare il tempo come un rifluente mare. Sento l’eternità dell’uomo, l’identità del suo pensiero. Il Greco ha avuto, sembra, gli stessi miei compagni. Il sole, la luna, il fuoco, l’acqua incontrarono il suo cuore esattamente come essi incontrano il mio.
Quando un pensiero di Platone diventa un pensiero mio, quando una verità che infiammò l’anima di Pindaro infiamma la mia, il tempo non esiste più. Quando io sento che noi due ci incontriamo in una percezione, che le nostre due anime sono imbevute dello stesso colore, e agiscono come se fossero fuse in una sola, perché dovrei io misurare i gradi di latitudine, perché dovrei contare gli anni d’Egitto?
Quando gli dei vengono in mezzo agli uomini, non sono riconosciuti.
La trasmigrazione delle anime non è una favola. Io vorrei che lo fosse, ma uomini e donne sono solo a metà umani. Ogni animale del cortile, del campo e della foresta, della terra e delle acque che sono sotto la terra, è riuscito a conquistare il suo posto e a lasciare l’impronta delle sue fattezze e della sua forma nell’uno o nell’altro di questi esseri eretti che parlano rivolti al cielo.
Quegli uomini che non sanno rispondere con una superiore saggezza sono fatti schiavi. I fatti li opprimono, li tiranneggiano e li rendono uomini dell’abitudine, uomini del senso, nei quali un’obbedienza letterale ai fatti ha spento ogni barlume di quella luce per la quale soltanto un uomo è veramente uomo. Ma se l’uomo è fedele ai suoi migliori istinti e sentimenti, rifiuta il dominio dei fatti, come uno che deriva da una stirpe più nobile, rimane fermamente attaccato all’anima, e vede il principio, allora i fatti ricadono docili e dominati al loro posto.
Io ritengo che il nostro sapere attuale sia di poco valore. Ascolta il topo sul muro, guarda la lucertola sulla siepe, i funghi sotto i tuoi passi, i licheni sul tronco. Che cosa conosco io, intimamente, moralmente di uno qualsiasi di questi mondi?
LA FIDUCIA IN SÉ STESSI
La virtù più ricercata è il conformismo. La fiducia in se stessi è il suo contrario. Essa ama non realtà e creatori, ma nomi e abitudini Chiunque vuole essere un uomo deve essere non conformista. Nulla in fondo è sacro se non l’integrità della propria mente.
L’uomo grande è quello che nel mezzo della mischia mantiene con perfetta serenità l’indipendenza della solitudine. L’obiezione che si può fare contro il conformarsi a usi che sono diventati lettera morta per te è basata sulla costatazione che ciò disperde le tue forze. Ciò consuma il tuo tempo e rende confusa l’impronta del tuo carattere.
Un’anima grande non ha proprio niente a che fare con la coerenza. Se ne può interessare come della propria ombra sul muro.
Nella strada, un uomo, non trovando in se stesso nessun merito che corrisponda alla forza che costruì la torre o scolpì un dio di marmo, si sente povero, quando guarda queste cose.
Sempre, quando un’anima è semplice e riceve una saggezza divina, le vecchie cose svaniscono: mezzi, insegnanti, testi, templi cadono in pezzi; essa vive ora, e assorbe passato e futuro nell’ora presente.
Queste rose che sono sotto la mia finestra non fanno nessun riferimento a rose precedenti o a rose migliori; esse sono quello che sono; esistono con Dio, oggi. Il tempo non esiste per loro. Esiste semplicemente la rosa; essa è perfetta in ogni momento della sua esistenza. Prima che una sola gemma sia sbocciata, la sua intera vita agisce; nel fiore completamente sbocciato non ce n’è di più; nella radice nuda di foglie non ce n’è di meno. La sua natura è soddisfatta ed essa soddisfa egualmente la natura di ogni momento. Ma l’uomo pospone o ricorda; egli non vive nel presente, ma con gli occhi rivolti indietro, lamenta il passato, oppure, noncurante delle ricchezze che lo circondano, si alza sulla punta dei piedi per prevedere il futuro. Egli non può essere né felice né forte fino a quando egli pure non viva con la natura nel presente, al disopra del tempo.
Soltanto la vita è utile e non l’aver vissuto. L’energia si arresta nell’istante del riposo, essa consiste nel momento di transizione da uno stato passato a un nuovo stato, nel superamento dell’abisso, nel balzo verso lo scopo. Proprio questo fatto il mondo odia; che l’anima divenga perché questo degrada per sempre il passato, cambia tutte le ricchezze in povertà, ogni reputazione in vergogna, confonde il santo con il briccone, spinge dalla stessa parte tanto Gesù che Giuda.
L’uomo non ha rispetto per l’altro uomo né il suo genio viene ammonito a rimanere in casa, a mettere se stesso in comunicazione con il suo oceano interiore, ma va all’estero a chiedere una tazza d’acqua alle urne di altri uomini. Noi dobbiamo andare soli. Io amo la chiesa silenziosa, prima che il servizio cominci, più di ogni predica.
Ma il vostro isolamento deve essere non meccanico, ma spirituale, vale a dire deve essere elevazione. Alle volte il mondo intero sembra cospirare per importunarti con enfatiche stupidaggini. L’amico, il cliente, il bambino, la malattia, il timore, il bisogno, la carità, tutti bussano in una volta alla tua porta chiusa e dicono: ‘Vieni fuori con noi!’. Ma tu mantieni la tua posizione; non entrare nella loro confusione.
La preghiera è la contemplazione dei fatti della vita dal più alto punto di vista. È il soliloquio dell’anima contemplante e giubilante. È lo spirito di Dio che enuncia la bontà delle sue opere- Invece una preghiera intesa come mezzo per raggiungere un fine particolare è bassezza e furto. Essa presuppone un dualismo e non un’unità fra natura e coscienza. Non appena l’uomo è tutt’uno con Dio, egli non prega più. Egli vedrà allora la sua preghiera in ogni sua azione. La preghiera del contadino che si inginocchia nel suo campo per sarchiarlo, la preghiera del rematore che si inginocchia al colpo del remo, sono vere preghiere udite attraverso la natura, benché innalzate per fini modesti.
Un’alta specie di false preghiere sono i nostri rimpianti. Lo scontento è la mancanza di fiducia in se stessi, un’infermità della volontà.
La società non progredisce mai. Se avanza da un lato, torna indietro da un altro.
La società acquista nuove arti e perde vecchi istinti. Quale contrasto fra l’Americano ben vestito, che sa leggere, scrivere, pensare, con un orologio, una matita, una lettera di cambio, e il nudo abitante della Nuova Zelanda, la cui proprietà è una mazza, una lancia, una stuoia e un ventesimo di una capanna indivisibile per dormirci sotto! Ma confrontate la salute dei due uomini e vedrete che il bianco ha perduto la sua forza primitiva.
L’uomo civile ha costruito un cocchio, ma ha perduto l’uso dei propri piedi. E’ sorretto da grucce, ma perde la propria forza muscolare. Possiede un bell’orologio ginevrino, ma ha perso l’abilità di dire l’ora secondo il sole. Ha un bell’almanacco nautico di Greenwich, e così, essendo sicuro di avere l’informazione che gli serve quando vuole, l’uomo della strada non conosce una sola stella nel cielo. Non osserva il solstizio; l’equinozio lo conosce appena; e l’intero calendario luminoso dell’anno è senza quadrante nella sua mente. I suoi taccuini gli ostacolano la memoria; le sue biblioteche sovraccaricano il suo spirito; l’ufficio delle assicurazioni moltiplica gli incidenti; e possiamo ben domandarci se le macchine non ci sono di ingombro; se non abbiamo perduto qualche energia con il nostro incivilimento.
COMPENSAZIONE
L’intero sistema delle cose viene rappresentato in ogni particella. Esiste qualcosa che somiglia al flusso e al riflusso del mare, al giorno e alla notte, all’uomo e alla donna, in un singolo ago di pino, nel gheriglio del grano, in ciascun individuo di ogni specie animale. La reazione, così grandiosa negli elementi, è ripetuta all’interno di questi limitati confini.
Allo stesso dualismo soggiace la natura e la condizione dell’uomo.
Per ogni cosa che hai perduto hai guadagnato qualcos’altro; e per ogni cosa che guadagni perdi qualcos’altro. Se le ricchezze crescono, esse vengono accresciute per usarle. Se il raccoglitore raccoglie troppo, la Natura prende via dall’uomo quello che egli mette nelle proprie casse; aumenta la proprietà ma uccide il proprietario. La Natura odia i monopoli e le eccezioni.
Esiste sempre una qualche circostanza livellatrice che abbassa sostanzialmente al livello degli altri l’arrogante, il ricco, il fortunato.
Benché nessun contrappeso al male appaia ancora, i contrappesi esistono, e appariranno. Se il governo è crudele, la vita del governante non è sicura. Se tassi troppo duramente, il reddito non produrrà nulla. Se rendi troppo duro il Codice penale, le giurie non condanneranno. Se la legge è troppo tenera, nasceranno vendette private. Se il governo è una democrazia terrificante, la pressione è arginata da una maggiore carica di energia nel cittadino.
Ogni segreto è rivelato, ogni crimine punito, ogni virtù ricompensata, ogni torto raddrizzato, in silenzio e con certezza.
Causa ed effetto, mezzo e fine, seme e frutto, non possono essere dissociati; perché l’effetto già fiorisce nella causa, il fine preesiste nel mezzo, il frutto nel seme.
Questa è l’antica dottrina della Nemesi, che vigila nell’universo e non permette che nessuna offesa rimanga impunita.
Tutti i vecchi abusi della società, i grandi e gli universali, i volgari e i particolari, tutte le ingiuste accumulazioni di ricchezza e di potenza, sono vendicate nella stessa maniera.
Le maledizioni ricadono sempre su coloro che le pronunciano. Se metti una catena al collo di uno schiavo, l’altra estremità si attorciglierà intorno al tuo.
Trattate gli uomini come pedine o birilli, e soffrirete quanto loro. Se disprezzate il loro cuore, perderete il vostro.
Pagate sempre, perché prima o poi dovrete pagare l’intero debito. Persone o eventi possono stare fra voi e la giustizia per un certo tempo, ma è soltanto un rinvio. Alla fine, dovrete pagare il vostro debito.
Tutti i beni materiali hanno la loro tassa, e se mi vennero senza merito o sudore, essi non hanno radici in me, e il prossimo vento li soffierà via.
SOCIETA’ E SOLITUDINE
SOCIETA’ E SOLITUDINE
Un boscaiolo che era stato mandato all’Università, mi raccontò che quando alla facoltà di legge ascoltava i ragazzi della buona società parlare fra di loro si sentiva una specie di selvaggio; ma quando si imbatteva in uno di loro separatamente, e poteva parlargli da solo, allora sembravano loro i selvaggi, e lui il migliore.
Vivere socialmente significa accomodarsi in una delle tue sedie? Non posso andare in casa dei miei parenti più stretti solo perché non voglio restare solo. La socialità esiste per affinità chimica e non altrimenti. Mettete insieme un qualsiasi gruppo di persone lasciandole libere di conversare, ed esse si distribuiranno da sole e rapidamente in gruppetti e coppie. I migliori saranno accusati di essere esclusivi. Sarebbe più esatto dire che si separano come l’olio dall’acqua, come i bambini dai vecchi, senza che il fatto comporti alcun odio o amore, dato che ognuno ricerca il proprio simile ed ogni interferenza con il libero gioco delle affinità comporterebbe imbarazzo e soffocamento.
AMICIZIA
Vi è in noi molta più gentilezza di quanto si sia mai detto. Nonostante tutto l’egoismo che raggela il mondo come i venti dell’est, l’intera famiglia umana è intinta di un elemento amoroso, come di un fine etere. Fra le persone che incontriamo nelle case, quante sono quelle cui quasi non parliamo, eppure le onoriamo ed esse ci rendono onore! Fra quelle che vediamo per strada, o con cui sediamo in chiesa, quante sono quelle la cui presenza, seppur silenziosa, ci dà una calorosa gioia. Leggete il linguaggio di questi vaghi sguardi. Il cuore lo riconosce.
Lo studioso siede allo scrittoio, e anni e anni di meditazione non gli offrono un solo buon pensiero o una sola espressione felice; ma poi sopravviene la necessità di scrivere una lettera a un amico e, all’istante, folle di pensieri gentili da ogni lato si vestono di parole azzeccate. Guardate, in ogni casa dove abitino virtù e rispetto di sé, le palpitazioni che causa l’avvicinarsi d’un estraneo. Un estraneo raccomandato è annunciato e atteso, e un’inquietudine di piacere misto a pena pervade ogni cuore della famiglia. Il suo arrivo porta quasi paura nei buoni cuori che vogliono dargli il benvenuto. La casa è spolverata, ogni cosa vola al proprio posto, la vecchia giacca è cambiata con una nuova, ed essi, se possono, devono preparare una cena. Di un estraneo raccomandato, gli altri han riferito solo cose buone, di lui abbiamo sentito dire soltanto il buono e il nuovo. Per noi egli rappresenta l’umanità. E’ ciò che desideriamo. Avendo lavorato d’immaginazione su di lui e avendogli dato l’investitura, ci chiediamo come dovremo comportarsi e parlare con un uomo siffatto, e siamo a disagio, timorosi. Questa stessa idea esalta la conversazione con lui. Parliamo meglio del solito. Abbiamo la più agile fantasia, una memoria più ricca, e il nostro diavolo muto ci lascia in pace per un po’. Per lunghe ore possiamo continuare una serie di comunicazioni sincere, graziose e ricche, tratte dalle nostre esperienze più vecchie, più segrete.
Assicurate all’anima che da qualche parte nell’universo si ricongiungerà all’anima amica, ed essa sarà contenta e lieta in solitudine per mille anni.
Disdegno la società, abbraccio la solitudine, eppure non sono così ingrato da non vedere il sapiente, il bello, la mente elevata, quando di tanto in tanto varcano il mio cancello. Chi mi ascolta, chi m’intende, diviene mio, un possesso per tutti il tempo. E certo la natura non è così povera da non offrirmi più volte queste gioie, e così intessiamo fili sociali tutti nostri, una nuova rete di relazioni.
Non voglio trattare le amicizie con cerimoniosa accuratezza, ma col più rude coraggio. Quando sono reali non sono filamenti di cristallo e ricami di brina, ma sono la cosa più solida a noi nota.
Vi sono due elementi che concorrono alla composizione dell’amicizia, ciascuno così sovrano che non posso ritenerlo superiore all’altro, né ho motivo di nominarne uno per primo. Uno è la Verità. Un amico è una persona con cui posso essere sincero. Davanti a lui posso pensare ad alta voce. Sono arrivato alla fine in presenza di un uomo così reale e così eguale che posso persino abbandonare gli ultimi orpelli della dissimulazione, della cortesia e dei secondi pensieri, che gli uomini non abbandonano mai, e posso affrontarlo con la semplicità e l’integrità con cui un atomo ne incontra un altro. La sincerità è il lusso concesso, come i diademi e l’autorità, solo al rango più elevato, quello a cui è permesso di dire la verità, non avendo nessuno sopra di sé da corteggiare o a cui conformarsi. Ogni uomo, da solo, è sincero. Come entra una seconda persona inizia l’ipocrisia. Sfuggiamo e schiviamo l’avvicinarsi del nostro compagno tramite complimenti, chiacchiere, svaghi e affari. Sottraiamo a lui il nostro pensiero celandolo sotto mille pieghe.
Quasi ogni uomo che incontriamo richiede qualche deferenza, richiede di essere compiaciuto; gode di qualche fama, talento, ha in testa qualche grillo religioso o filantropico da non mettere in dubbio, e che vizia qualunque conversazione con lui. Ma un amico è un uomo sano che fa appello a me, non al mio ingenuo candore. M’intrattiene senza ch’io debba venire a qualche patto.
L’altro elemento dell’amicizia è la tenerezza. Siamo legati da ogni sorta di vincolo, da sangue, orgoglio, da paura, speranza, lucro, lussuria, odio, ammirazione, da ogni circostanza, distintivo e inezia, ma ci è difficile credere che in un altro possa esserci tanto carattere da trascinarci attraverso l’amore.
Quando un uomo mi diventa caro, ho toccato il traguardo della fortuna.
Odio la prostituzione del nome ‘amicizia’ per indicare alleanze altisonanti e mondane. Preferisco di gran lunga la compagnia dei giovani aratori o degli stagnini ambulanti, rispetto alle seriche e profumate ‘amicizie’ che celebrano i giorni d’incontro con frivole ostentazioni, fra viaggi in carrozza e banchetti nei migliori locali. Scopo dell’amicizia è la più familiare e stringente relazione che possa esserci; più stringente di qualunque cosa di cui abbiamo fatto esperienza. Essa è fatta per aiuto e conforto in ogni relazione e stadio della vita e della morte.
Alcuni fra gli esperti in questa calda dottrina del cuore dicono che non può sussistere nella sua perfezione fra più di due persone.
Potrete discorrere utilmente e lietamente varie volte con vai uomini, ma se solo vi riunite in tre, non avrete più nessuna parola nuova che venga dal cuore. Due potranno parlare e uno ascoltare, ma tre persone non possono prender parte a una conversazione del tipo più sincero e profondo. Quand’anche ci trovassimo in una bella compagnia d’amici, non ci sarebbe mai quel discorso fra due, che si sviluppa al tavolo appena lasciate sole due persone.
La condizione essenziale di un’amicizia elevata è la capacità di farne a meno. Per adempiere a questo alto ufficio bisogna essere grandi e sublimi.
Perché profanare anime nobili e belli intrufolandoci in loro? Perché insistere su precipitose relazioni personali col vostro amico? Perché andare a casa sua, o conoscere sua madre e suo fratello e le sue sorelle? Perché essere visitati da lui a casa tua? Sono forse cose importanti ai fini della nostra alleanza? Lasciate perdere questi toccamenti e queste grinfie rapaci. Lasciate che egli sia per me uno spirito Un messaggio, un pensiero, un atto di sincerità, un’occhiata da lui, ecco cosa voglio, non notizie e neanche zuppe. La politica, le chiacchiere e i discorsi dei vicini di casa, posso trovarle da compagni molto meno validi. La società che si crea in compagnia del mio amico non dovrebbe forse essere per me poetica, pura, universale e grande come la natura stessa?
Al mio amico scrivo una lettera, e da lui ne ricevo una. Questo a voi pare poco. A me invece basta. È un dono spirituale che è degno di lui offrire, di me ricevere.
La nostra impazienza ci tradisce con alleanze precipitose e stupide alle quali nessun Dio presenzia. Insistendo sul vostro sentiero, pur perdendo il piccolo, guadagnerete il grande. Date prova di voi stessi così da porvi al di fuori della portata delle relazioni false, e attirerete a voi gli eletti del mondo, quei rari pellegrini di cui solo uno o due vagano in natura nello stesso tempo, e davanti a cui i volgari grandi paiono meri spettri e ombre.
Con i miei amici faccio come con i miei libri. Mi piace averli dove posso trovarli, ma me ne servo raramente. Dobbiamo avere una società fondata su condizioni dettate da noi, e ammetterla o escluderla al minimo motivo. Non posso permettermi di parlare molto con il mio amico. Se egli è grande, mi rende così grande che non posso abbassarmi a conversare. Lascia che la tua grandezza educhi il rozzo e freddo compagno. Se non è all’altezza, se ne andrà via presto, ma tu sei ampliato dal tuo stesso splendore, e, non più compagno di rane e vermi, ti alzi in volo e ardi con gli dèi dell’empireo. Si pensa sia una disgrazia l’amore non corrisposto. Ma i grandi vedranno che il vero amore non piò non essere corrisposto. Il vero amore trascende l’oggetto indegno, e abita e cova sull’eterno, e quando si rompe la povera maschera interposta, non è triste, ma si sente liberato da tanta terra e sente la propria indipendenza ancor più sicura. Eppure è difficile dire queste cose senza una sorta di tradimento verso la relazione. L’essenza dell’amicizia è l’integrità, una magnanimità e una fiducia totali. Non deve nutrire maliziosi sospetti o premunirsi contro le magagne dell’altro.
Finissimo osservatore della natura umana, profondo pensatore e conferenziere di successo, Ralph Waldo Emerson ci ha lasciato numerose opere di grande levatura morale che scavano nell’animo umano. La sua poetica trascendentalista, infatti, esalta l’uomo ed esalta il Dio che in lui vede, riconoscendone una derivazione altissima. Di Emerson ho letto le due raccolte di Saggi (Saggi I e Saggi II), Condotta di Vita, Natura, Società e solitudine, Teologia e natura. Come sempre, le mie letture sono accompagnate da una matita che sottolinea i passaggi a cui dò particolare rilievo. Poi, minuziosamente, li trascrivo per ricavarne un concentrato di elevazione che qui vorrei offrire per l’opera di Emerson. E’ un’attività meditativa, un dono che faccio a me stessa e agli altri. Questo post e i successivi, pertanto, riguarderanno questo filosofo sperando che qualcuno possa trarne motivi di riflessione e di benessere.
TEOLOGIA E NATURA
NATURA
Per stare in solitudine l’uomo ha bisogno di ritirarsi tanto dalla sua camera quanto dalla società. Non vivo in solitudine finché leggo o scrivo, anche se nessuno è con me. Ma se un uomo vuole essere solo, che guardi alle stelle. I raggi che vengono da quei mondi celesti introdurranno una barriera tra lui e le cose volgari. Si potrebbe pensare che l’atmosfera sia stata creata trasparente allo scopo di mettere l’uomo, nei corpi, celesti, alla perpetua presenza del sublime.
In verità, pochi adulti possono vedere la natura. La maggior parte delle persone non vede il sole. Oppure ne ha una visione molto superficiale. Il sole illumina solamente l’occhio dell’uomo, ma risplende dentro l’occhio e nel cuore del bambino. L’amante della natura è colui i cui sensi interni ed esterni sono ancora in pieno accordo tra di loro; chi ha saputo conservare lo spirito dell’infanzia perfino nell’età adulta. Il suo rapporto con il cielo e con la terra diventa parte del suo cibo quotidiano. In presenza della natura una fiera beatitudine penetra nell’uomo, nonostante i dolori reali.
Non il sole o l’estate come tali, ma ogni ora e stagione rendono il loro omaggio di beatitudine; poiché ogni ora e ogni cambiamento corrispondono a un diverso stato di mente e lo autorizzano, dal mezzogiorno irrespirabile alla mezzanotte più cupa.
Nei boschi è la perpetua giovinezza. In queste piantagioni di Dio regnano un decoro e una santità, una perenne festa viene allestita, e l’ospite non vede come potrebbe stancarsene in mille anni. Nei boschi ritorniamo alla ragione e alla fede. Lì sento che niente mi può capitare nella vita, nessuna disgrazia, nessuna calamità, che la natura non possa riparare.
La più grande beatitudine offerta dai campi e dai boschi è la suggestione di un’occulta relazione tra l’uomo e la vegetazione. Non sono solo e sconosciuto. Essi mi mandano segnali e altrettanto faccio io. L’ondeggiare dei rami nella tempesta è nuovo e al tempo stesso antico per me. Mi sorprende, e pure non è sconosciuto. L’effetto che produce è quello di un più nobile pensiero o di una più elevata emozione che mi raggiunse nel momento in cui ero convinto di pensare esattamente o di operare rettamente.
BELLEZZA
Gli antichi greci chiamavano il mondo Kòsmos, bellezza. Tale è la costituzione delle cose, o tale è il potere plastico dell’occhio umano, che le forme primarie, come il cielo, le montagne, gli alberi, gli animali ci danno un piacere in sé e per sé; un piacere che sorge spontaneo dalla forma, dal colore, dal movimento, e dall’insieme. Innanzitutto, la semplice percezione delle forme naturali è fonte di gioia. L’artigiano, l’avvocato escono dalla confusione dell’ambiente di lavoro e delle strade, vedono il cielo e i boschi, e in questo modo tornano a essere uomini. Nella loro eterna calma, l’uomo trova sé stesso. La salute dell’occhio sembra richiedere un orizzonte. Non siamo mai stanchi, fino a quando possiamo vedere abbastanza lontano.
Gli abitanti delle città pensano che il paesaggio della campagna sia piacevole solo per metà dell’anno. Io trovo la mia beatitudine nelle bellezze del paesaggio d’inverno, e credo che noi ne siamo toccati come dalle geniali influenze dell’estate. Per l’occhio attento ogni momento dell’anno ha la sua particolare bellezza e, nello stesso tempo, contempla in ogni momento un quadro che non era mai stato visto prima, e che non sarà visto mai più.
Il mondo perciò esiste per l’anima, per soddisfarne il desiderio di bellezza. Questo elemento, portato all’estremo, lo chiamo un fine ultimo. Nessuna spiegazione può essere richiesta o fornita sui motivi per cui l’anima ricerca la bellezza. La bellezza, nel suo più ampio e profondo significato, è un’espressione dell’universo. Dio è integrale bellezza-giustizia. Verità e bontà, e bellezza, non sono che diversi aspetti dello stesso Tutto.
LINGUAGGIO
Se si traccia la genealogia di ogni parola che viene usata per esprimere un fatto morale o intellettuale si scoprirà che deriva da qualche fenomeno materiale, si scoprirà che deriva da qualche fenomeno materiale. Giusto significa diritto; sbagliato significa contorto. Spirito significa in primo luogo vento; trasgressione l’attraversare di una linea; accigliato, l’alzarsi delle sopracciglia. Indichiamo il cuore per esprimere un’emozione, la testa per indicare il pensiero; e pensiero ed emozione sono a loro volta parole prese in prestito dalle cose sensibili, e applicate alla natura spirituale.
Non sono solo le parole a essere emblematiche; sono le cose stesse a essere tali. Ogni fatto naturale è simbolo di qualche fatto spirituale. Ogni aspetto della natura corrisponde a qualche stato mentale, e quello stato mentale può solo essere descritto presentando quella sembianza naturale come la sua immagine. Un uomo infuriato è un leone, un uomo astuto è una volpe, un uomo sicuro è una roccia, un uomo colto è una fiaccola. Un agnello è innocenza; un serpente è sottile malizia; i fiori esprimono per noi i teneri affetti. Luce e oscurità sono le nostre espressioni familiari per conoscenza e ignoranza.
Chi può guardare un fiume in un momento di meditazione senza richiamare alla mente il flusso di tutte le cose? Getta un sasso in un ruscello, e i cerchi che si propagano sono il meraviglioso modello di ogni forma di influsso. Gli uomini sono consapevoli, all’interno o al di qua della loro vita individuale, di un’anima universale dove, come in un firmamento, le nature della Giustizia, della Verità, dell’Amore, della Libertà, sorgono e risplendono. Essi chiamano Ragione questa anima universale: non è mia, o tua, o sua, ma noi siamo suoi, siamo sua proprietà, suoi uomini.
Gli istinti di una formica sono di assai poca importanza considerati di per sé; ma nel momento in cui un raggio di relazione si estende da essa all’uomo e quel piccolo animaletto da fatica è visto come qualcuno che ammonisce, un piccolo corpo con un cuore possente, allora tutte le sue abitudini, anche quella che è stata recentemente osservata, che essa non dorme mai, diventano sublimi.
La corruzione dell’uomo è seguita dalla corruzione del linguaggio. Quando sulla semplicità del carattere e sulla sovranità delle idee prevalgono dei desideri secondari, il desiderio di ricchezze, di piacere, di potere, e di lodi, e la doppiezza e la falsità prendono il posto della semplicità e della verità, il potere sulla natura come interprete della volontà viene in un certo grado perduto.
SPIRITO
Appena degeneriamo, il contrasto tra noi e la nostra dimora diviene più evidente. Diventiamo tanto estranei alla natura, quanto siamo alieni da Dio. Non comprendiamo il canto degli uccelli. La volpe e il cervo fuggono da noi; l’orso e la tigre ci sbranano. Non conosciamo che l’utilità di poche piante, come il frumento, il melo, le patate e la vite.
PROSPETTIVE
I fondamenti dell’uomo non sono nella materia, ma nello spirito. L’elemento dello spirito è l’eternità. Per lui, dunque, la serie più lunga degli eventi, e le più antiche cronologie sono giovani e recenti. Nel ciclo dell’uomo universale, da cui procedono gli individui conosciuti, i secoli sono puti, e tutta la storia non è che l’epoca di una degradazione.
Il problema di restaurare l’originaria ed eterna bellezza del mondo è risolto attraverso la redenzione dell’anima. La rovina o il vuoto che vediamo quando guardiamo alla natura, sono nel nostro occhio. L’asse della visione non coincide con l’asse delle cose, e così esse non appaiono trasparenti, ma opache. La ragione per cui il mondo manca di unità, e giace a pezzi e a mucchi, è che l’uomo manca di unità con se stesso. Egli non può essere un naturalista fino a che non soddisfa tutte le domande dello spirito.
DISCORSO ALLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA
Una più segreta, dolce e irresistibile bellezza appare all’uomo quando il suo cuore e la mente si aprono al sentimento della virtù. Allora subito viene messo a conoscenza di ciò che sta sopra di lui. Impara che il suo essere è senza limiti; impara di essere nato per il bene e per la perfezione, pur giacendo ora in basso bel male e nella debolezza.
L’intuizione del sentimento morale è la percezione delle leggi dell’anima. Queste leggi si applicano da sole. Esse sono fuori dal tempo, fuori dallo spazio, e non sono soggette alle circostanze. Perciò nell’anima dell’uomo c’è una giustizia le cui retribuzioni sono immediate e complete. Colui che compie una buona azione viene immediatamente nobilitato. Chi invece compie un’azione meschina viene sminuito dall’azione stessa. Chi elimina impurità, proprio per questo si riveste di purezza. Se un uomo è giusto nel cuore, allora, nella misura in cui lo è, è Dio; la salvezza divina, l’immortalità di Dio, la maestà di Dio entrano in quell’uomo con la giustizia. Se un uomo dissimula, inganna, egli inganna sé stesso essere.
La più piccola presenza di una bugia, per esempio, la traccia della vanità, il tentativo di fare una buona impressione, di apparire favorevolmente, guasteranno di colpo l’effetto. Ma dì la verità e tutta la natura e tutti gli spiriti ti aiuteranno con un inaspettato appoggio. Dì la verità, e tutte le cose animate o inanimate ti saranno garanti, e le stesse radici dell’erba sotto la terra sembreranno agitarsi e muoversi per testimoniare a tuo vantaggio.
Mente l’uomo persegue buoni fini, egli è forte dell’intera forza della natura. Non appena divaga da questi fini, egli priva sé stesso del potere, o di tutto ciò che può essergli di sostegno; la sua circolazione periferica si riduce, egli rimpicciolisce sempre più, fino a diventare un granello di polvere, un punto, fino a che l’assoluta malvagità non diventa morte assoluta.
Quale calamità più grande può cadere su una nazione della perdita della religione? Se questo avviene tutto decade. Il genio abbandona il tempio per frequentare il senato o il mercato. La letteratura diventa frivola. La scienza è fredda. L’occhio della giovinezza non è illuminato dalla speranza di altri mondi, e l’età è priva di onore. La società vive per sprecare tempo in frivolezze, e quando gli uomini muoiono non ne parliamo.
L’imitazione non può superare il modello. L’imitatore si condanna a una mediocrità senza speranza. L’inventore ha creato il modello perché questo era naturale per lui, in lui esso è affascinante. Nell’imitatore è naturale qualcos’altro, ed egli si priva della sua stessa bellezza, inseguendo un altro, irraggiungibile.
Non essere troppo ansioso di visitare periodicamente ogni singola famiglia della tua comunità parrocchiale: quando incontri uno di questi uomini o donne, cerca di essere con loro un uomo divino, cerca di essere esempio di pensiero e virtù per loro; fà in modo che le loro timide aspirazioni trovino un amico in te; che i loro impulsi conculcati siano genialmente sollecitati dall’atmosfera che saprai creare; che i loro dubbi sappiano che tu hai dubitato, e che il loro sentimento di meraviglia riconosca che anche tu hai provato meraviglia. Confidando nella tua anima, guadagnerai maggiore fiducia negli altri uomini.
Imprimiamo con un segno luminoso nella nostra memoria i pochi colloqui che abbiamo avuto, nei cupi anni della routine e del peccato, con anime che hanno reso più sagge le nostre, che hanno espresso quello che noi pensavamo, che ci hanno detto quello che noi sapevamo, che ci hanno permesso di essere quello che eravamo dentro.
C’è un paese, Mosso, e una sua antica borgata che hanno mantenuto gli scorci del passato, le case vecchie, i viottoli lastricati, i gradini che salgono e scendono, le fontane. Si ode il rumore dei propri passi, si sente l’umidità dei boschi, si ricorda come tutto poteva essere. Lì, in quel paese lontano da ogni circuito turistico come piace a me, e dove i pochi che ci vanno conserveranno le sensazioni provate a meno di non rivelarle a chi possa capirle, viene allestito tutti gli anni uno dei più estesi presepi a grandezza naturale. Abbiamo tutti, penso, il ricordo di noi piccoli che aggiungevamo nel presepe la statuina del pastore o un piccolo gregge di pecore, e con un ultimo sguardo all’interezza della scena coglievamo l’essenza del messaggio, l’umiltà e la grandiosità. Qui, ci si trova catapultati dentro il Presepe non più come meri spettatori ma come alcune di quelle persone semplici che si recavano verso la Capanna a portare dei poveri doni. Nessuno di quelle persone, com’era un tempo, si sarebbe mai sognato di mancare col proprio omaggio e la propria preghiera. Così, ad ogni vicolo e ad ogni angolo, si trovano moltissime scenette come potevano svolgersi nei tempi di chi ci ha preceduto; una comunità fatta di mestieri antichi ormai perduti, di freddo e calore al tempo stesso, di paioli, stalle, scialli e tabarri per un po’ di riparo. Con più di 200 figure a grandezza naturale, nei cui volti possiamo riconoscere i nostri stessi cari, ci si trova calati totalmente nella vera atmosfera di Natale e nei suoi valori più autentici: povertà e gratitudine. Le anime sensibili si innamorano di quel Presepe e di quella gente comune di paese, che immagina parlare il proprio dialetto e farsi bastare un pugno di castagne o un po’ di minestra, ma che vede trascorrere la notte di Natale sulla neve per attendere la Nascita. Ecco, è tutto qui: zero negozi, zero località da esibire. Solo silenzio, ricordi, meraviglia. Tanta emozione.
Missy era indubitabilmente bella ma lei non lo sapeva. Era qualcosa che noi umani riconoscevamo in lei attribuendole dei canoni estetici di perfezione che però non la riguardavano affatto. Entrata cucciola nella nostra famiglia dopo essere scappata da non si sa dove, ha mostrato presto le sue doti di cacciatrice attenta, pronta a balzare ovunque qualcosa attirasse la sua attenzione felina. Non c’è stato momento della nostra vita, in questi 17 anni, a cui non abbia partecipato; gioia e dolore che non abbia con noi condiviso. Non miagolava mai: per anni non abbiamo mai sentito la sua voce. Accettava qualunque cosa le fosse data, qualunque momento potesse vivere con noi, semplicemente essendoci e amando. I suoi sguardi erano dolci, scrutavano l’anima e inondavano di purezza. Non aveva bisogno di imporsi ma solo di condurre la sua esistenza al nostro fianco per lunghi anni, nel silenzio dei suoi pensieri, con le sue vibrazioni di pace. E’ stata per me, per noi, molto più che una compagna di vita. A me ha dato molte lezioni su cosa significhi l’amore incondizionato che penso di aver provato solo con lei e con le altre gatte che sono entrate nella mia vita. Zero scambi, zero richieste, zero condizioni. Le piaceva venire in montagna perché si sentiva un gatto a tutti gli effetti e rispondeva ai molti richiami della natura. Ma poi, rientrata a casa, amava il contatto con le nostre carezze e il calore della famiglia. Le sue fusa erano potenti e partivano all’istante non appena le si dicesse qualcosa con un certo tono di voce. Io, che non amo essere fotografata né fotografare altri, di lei ho centinaia di scatti e di video. Perché era lei, non un essere qualunque ma un essere trascendentale. A luglio Missy si è ammalata improvvisamente. Un episodio di febbre improvvisa proprio a lei che non aveva mai avuto nulla. Le venne una forma di demenza: non riconosceva i luoghi in cui andare a cibarsi e a bere, non riusciva più a dormire, tentava di scappare in continuazione proprio come fanno le persone con l’Alzheimer. Voleva uscire, si metteva di fronte al panorama dei boschi e guardava l’infinito, forse un richiamo la stava raggiungendo. Cominciai a prendermi ancora più cura di lei e a farla mangiare e bere, a portarla nella cassetta che non riconosceva più. Un paio di settimane dopo, le vidi il nasino perfetto totalmente sprofondato in un grave gonfiore del musetto. Si ritirava in disparte, Missy, e capii subito che qualcosa di grave stava accadendo. Cominciò ad emanare un odore terribile, di cancrena, dalla bocca. La veterinaria ci dette una pomata non riuscendo a capire di che si trattasse. Giorno dopo giorno, il muso si fece sempre più gonfio e cominciò a riempirsi di croste, il nasino si chiuse definitivamente e Missy respirava solo con la bocca. Smise di mangiare definitivamente e cominciai a idratarla con flebo. Le zampine davanti si deformarono impedendole di camminare senza cadere in continuazione. Gliele fasciai e mi ostinai a portarla fuori almeno dieci minuti al giorno per sentirsi viva. Faceva un passo e cascava. Allora si sdraiava e guardava di nuovo l’infinito. Vedevo la sua sofferenza ma non accettavo di dover ricorrere all’eutanasia, l’idea di togliere per mano mia la vita ad una creatura è qualcosa che non mi va giù. Il soffio di vita non appartiene a nessuno di noi. Ho quindi pregato, chiedendo a Dio che – se questa dovesse essere la fine di Missy, allora che stabilisse di non farla soffrire. A Missy, invece, ho chiesto di darmi un segno quando per lei la sofferenza fosse stata insopportabile. Ma speravo nella prima soluzione. I giorni passavano, la veterinaria diceva di non aver mai visto, in 25 anni di attività, un caso del genere. Sembrava qualcosa di inguaribile, e come unico aiuto (oltre a dell’antibiotico) ci dette una pomata che avrebbe fatto cadere le croste sul muso. L’odore era terribile. Di notte, Missy era con me nel letto, la tenevo stretta per scaldarla e le parlavo dolcemente. Cominciai a ringraziarla per il dono che aveva rappresentato per me, sentendole le ossicine del corpo che si facevano sempre più sporgenti giorno dopo giorno. Ero impotente. Una sera, dopo averla fatta bere un po’ nel letto, lei si passò la zampina sul musetto e un’intera guancia si staccò di netto lasciando scoperta l’arcata dentale. Rimasi di sasso e mi preoccupai di disinfettarla. La parte staccata, con tutte le vibrisse, era grigia e in cancrena. Missy non sembrava soffrire, però, era come se si fosse liberata di una parte di sé che non le apparteneva più. In compenso, venne via una parte di nasino e lei poté di nuovo respirare. La mattina dopo, sul cuscino trovai la seconda guancia e Missy era senza volto. Le rimanevano gli occhi, belli e dolci come sempre. Le parti in cancrena erano via, lei non ebbe più quell’odore e per me era ancora più bella di prima. Cominciò a mangiare con avidità e a bere autonomamente. Pesava un chilo e duecento grammi. La alimentavo spesso e non la lasciai un attimo sola, stava con me 24 ore al giorno. Quando ero al computer, la posizionavo sulla scrivania sopra una piccola coperta elettrica e le mettevo in sottofondo alcune melodie di Mozart che tanto le piacevano. La medicavo, la nutrivo, la portavo fuori cinque minuti a guardare l’infinito. Le parlavo e la accarezzavo tanto. Ma era di notte che sentivo di amarla come non ho mai amato nessuno. La stringevo, la coprivo, vegliavo su di lei in continuazione. Faceva la pipì ovunque si trovasse come una bambina o come una vecchina. La amavo così tanto che mi si spezzava il cuore vederla così indifesa, così gracile. Avrei fatto e dato qualunque cosa per lei incondizionatamente. Ecco cos’è l’amore. Missy resistette qualche giorno ancora e poi smise di nuovo di mangiare e di bere. Sapevo che era questione di poco e le rimase l’istinto di voler uscire come prima. Per le ore serali, le avevo fatto un giaciglio sulla grande mensola della finestra da cui poteva vedere i boschi e gli animali. Sentiva sicuramente un richiamo. Non ce la faceva più a vivere e chiesi a Dio di prenderla con sé. Avvenne così, la sera del primo giorno d’Autunno. Nel silenzio e nella pace che avevano contraddistinto la sua vita intera, senza farsi sentire, senza creare disturbo. Non si era lamentata mai. La notte, ormai un corpicino senza vita, ha dormito ancora con me e l’ho coperta come solevo fare. Ho conservato la federa su cui poggiava la testina, e ho conservato le fasciature delle zampine. La mattina dopo, in una bellissima cassetta di legno, avvolta in un lenzuolino e in una coperta che le fosse d’aiuto per l’inverno imminente, al collo un piccolo crocifisso, l’abbiamo sepolta sotto un frassino, su una collinetta del nostro terreno che vedo dalla finestra della mia camera. Rivolta ad est, saluta il sole del mattino e guarda a quell’infinito che sempre cercava. La vado a trovare ogni giorno e la piccola tomba è ora decorata di sassolini bianchi e di violette. Il vuoto è immenso, nemmeno descrivibile. Ma tutte le sere, da quando lei è lì, un cerbiatto vaga sulla collinetta e le porge i suoi saluti, e ho poi scoperto che la sua tana è proprio a tre metri dalla piccola tomba. Non è sola, Missy, è anche visitata dai molti gatti della zona che giocano con i fiocchi che ho deposto insieme alle violette. Missy sa quanto è stata amata, ed io so quanto sono stata amata da lei di quell’amore così puro. Questa mattina, recandomi da lei, le ho chiesto di farsi viva con qualunque sembianza, saprò riconoscerla all’istante. Mi chiedo se valga la pena gioire tanto per poi soffrire in questo modo, ma la risposta è si. Missy è stata una grande lezione di vita e mi ha sicuramente migliorata.
E’ stato un onore per me averti al mio fianco, Missy; spero di aver fatto abbastanza e di esserti stata degna. Ti penso sempre.
Dalla parte opposta al Sole, con un’età di 14,7 giorni, appare magnificamente illuminata e nel massimo del suo splendore. Guardandola ci si innamora di lei all’istante, per il fascino e il potere che esercita su di noi, su animali e piante, sull’intero Pianeta. E’ meravigliosa e altera, imponente, perfetta. Si trova a metà del suo ciclo ed offre il volto pienamente, senza titubanze, senza paure, guardandoci dall’alto e benedicendoci, osservandoci dritti negli occhi senza riserve. Questa fase è la più potente di tutte, portatrice del compimento di progetti, ricongiungimento tra anime che si cercano, realizzazione di idee e creazioni. Le facoltà psichiche sono al massimo. Nella serata di Luna Piena, le si può chiedere di allontanare da noi, portando con sé nella fase calante dei giorni a venire, ciò che non fa più per noi: persone, ricordi, situazioni, paure, abitudini. E’ il rituale di allontanamento e di guarigione della psiche che può essere svolto semplicemente lasciandosi inondare dai suoi potenti raggi o facendo un bagno in mare ed esponendoci al suo sguardo.
Ogni lunazione mensile ha inoltre un significato preciso.
Quella di Agosto è la Luna del Grano: si raccolgono i frutti della terra e si prepara il terreno al prossimo inverno, così come il nostro organismo si prepara alla stagione fredda.
Settembre, Luna del Raccolto: si allontanano le ombre della notte e si fa incetta di luce interiore.
Ottobre, Luna Rossa: i rami di foglie assumono tale colore, la linfa rallenta e si va incontro al sonno invernale. L’organismo deve essere predisposto per l’inverno assumendo sali minerali e sostanze energetiche.
Novembre, Luna della Neve: i lavori si svolgono al chiuso e nel silenzio. La campagna si ferma nel proprio letargo.
Dicembre, Luna Fredda: simboleggia l’arrivo del nuovo anno attraverso il simbolo della quercia che ha profonde radici nell’oscurità dell’anno trascorso e una chioma che si eleva nel cielo nuovo.
Gennaio, Luna del Lupo: purifica e rinnova, spazza via il passato e prepara al risveglio. Si attende il Sole per ricominciare.
Febbraio, Luna di Ghiaccio: l’inverno è quasi alle spalle e si ha fame di nuovi raccolti. E’ il passaggio dal sonno al completo risveglio primaverile, chiude e riapre un ciclo.
Marzo, Luna della Tempesta: la vita si rinnova, la luce riappare, la linfa torna a fluire nella vegetazione. Molti alberi cominciano a fiorire.
Aprile, Luna dei Nuovi Inizi: tutto si rinnova e così anche l’organismo umano che si ricarica energeticamente.
Maggio, Luna della Lepre: nascono creature domestiche e selvatiche. E’ la Luna dell’abbondanza, della fecondità e del latte materno, dei profumi, dei fiori. Tutto viene seminato e l’organismo umano si libera dagli stati depressivi.
Giugno, Luna dell’Idromele: la natura rigogliosa è al culmine del suo splendore. E’ tempo di sacralità.
Luglio, Luna del Fieno: si raccoglie e si conserva per i tempi a venire. Si fanno essiccare le erbe officinali.
Domani, giorno di Luna Piena, è dunque possibile esporre i nostri oggetti più cari ai suoi raggi e allunare l’acqua da bere. Tutto andrà esattamente per il verso che abbiamo desiderato.