Lezioni

SCUOLA

Nei giorni scorsi il MIUR-USRP (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte) e OIPA Italia Onlus (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) hanno siglato un Protocollo d’Intesa per la promozione di itinerari formativi rivolti a sensibilizzare gli studenti delle diverse tipologie scolastiche al rispetto dei diritti di tutti gli esseri viventi. Verrà inoltre valutata la possibilità di inserire attività educative proposte dall’OIPA nei percorsi di alternanza scuola-lavoro, secondo le normative introdotte dall’art. 1, commi dal 33 al 43 della L. 107/2015.

L’iniziativa va a inserirsi in un ampio progetto educativo e formativo e rivolto alle scuole nel quale l’associazione crede fermamente e che porta avanti già da tempo. Nell’anno scolastico 2018/2019, infatti, il Gruppo Scuola della sezione Torino dell’OIPA, sotto la guida del referente Secondo Goletti, ha già svolto attività formativa presso 12 scuole di Torino e provincia, tenendo lezioni in 41 classi, a 796 studenti in 67 incontri, per un impegno di circa 110 ore.

La collaborazione tra il Ministero dell’Istruzione e l’OIPA, è un decisivo, ulteriore riscontro che l’educazione al rispetto degli animali e dell’ambiente matura da una giusta formazione e da un corretto insegnamento a scuola fin dalla prima infanzia.

Questa la notizia. Io, che in genere guardo al bicchiere mezzo pieno, qui ne vedo il vuoto.

E il resto d’Italia?

A mio avviso, ciò che andrebbe fatto è invece l’inserimento, in tutti i programmi scolastici sin dalla prima elementare, di insegnamenti di etica. Un bambino non deve essere impiegato solo nel gioco e nei primi ingozzamenti di nozioni perché ritenuto incapace di pensare a cose alte; va stimolato e abituato a ragionare sulla propria esistenza in rapporto a se stesso e agli altri, sui fenomeni, sul bene e sul male. E’ il sapersi porre determinate domande, che colloca ciascuno di noi ad un dato livello evolutivo, e per cambiare le cose dovremmo ambire a che le nuove generazioni si posizionino ad un livello decisamente alto. Significherebbe ottenerne persone libere nel pensiero e nelle azioni, libere da preconcetti e capaci di far funzionare la propria testa autonomamente dal sistema (o dai sistemi); ci sono cose corrette e cose non corrette, ci sono atti buoni e atti di violenza, ci sono comportamenti virtuosi e comportamenti non virtuosi. Dopodiché, l’etica animalista, a me tanto cara,  è una branca dell’etica.

Quindi, non è che io non consideri utile e interessante questa iniziativa, solo ritengo si debba lavorare sulla matrice dell’ignoranza, sulla matrice del pregiudizio, sulla matrice del pensiero unico. La matrice è una sola ma determina una serie di comportamenti che si declinano in varie direzioni a seconda della personale esperienza di ciascuno.

Altrimenti, il rischio è che un bambino magari non tratti male un gatto, ma tratti male il compagno in sovrappeso perché, per quella materia, nessuno ha ancora organizzato una lezione. Oppure, appena cresciuto, svuoti una tanica di gasolio nell’acqua potabile, come ho visto fare ad un tizio che evidentemente non aveva sviluppato la capacità di porsi delle domande. Sarebbero troppe le lezioni da trattare, meglio inserire un programma obbligatorio di sviluppo della coscienza. Poi, questi ragazzi diano lezioni ai propri genitori, dato che se è la scuola a doversi occupare di questi insegnamenti, c’è da chiedersi loro a cosa servano.

Sere d’estate

CALDO.jpg

Questo caldo mi uccide. Perdo la lucidità, lo odio con tutta me stessa! Dopo l’ennesima giornata trascorsa sui mezzi, in cui vedi le facce stralunate di persone che non hanno dormito la notte, lo sguardo vitreo di chi medita un omicidio, dopo aver visto sul treno, dotato di aria condizionata a manetta come piace a me, donnette insignificanti che indossano un maglione per ripararsi dal freddo, dopo un paio di chilometri sotto il sole cocente di fine pomeriggio, eccomi a casa praticamente sciolta. Non mangio, non dormo da mesi. Mi sto spegnendo giorno dopo giorno. Sparirò liquefatta tirando maledizioni a questo inferno che ci tocca tutti gli anni.

A casa, dunque, sotto la doccia non tiepida, non fresca, ma fredda per rabbrividire infastidita da tanto contrasto. A casa a bagnare le piante e a dir loro una parola. A casa a confortare Missy, la mia gatta Blu di Russia, magnifica nel suo cappottino estivo, a dirle che ora ci sono io e le restituirò un po’ di frescura.

Trascorre la sera ed esco sul balcone con una sigaretta in mano. Seminuda, se può essere detto, tanto chi mi vede? E’ buio e guardo le stelle cercando un po’ di ossigeno. Non sono le stelle che vedrei in montagna, là dove il cielo è l’intera volta celeste con tutte le costellazioni, ma è pur sempre un cielo di stelle. Guardo di fronte a me verso le altrui abitazioni. Non sono vicine, ma le luci di altri appartamenti mi permettono di vedere dentro anche se non volessi. Tutti hanno le finestre spalancate. C’è una donna che, alle 23:30, lava i piatti. E’ albanese, l’ho sentita parlare. Donne che sgobbano, donne vere.

Da un’altra abitazione si sente urlare una tizia, che a dire il vero non mi è mai piaciuta. E’ aggressiva, ha un marito molle e lei bestemmia contro la madre anziana. Le parole che le dice sono molto offensive. Eppure, fa la volontaria in ambulanza. L’ho sempre pensato, io, che nelle cosiddette famiglie per bene si celano le peggiori nefandezze. Un giorno, però, la incrocerò per strada e due paroline gliele dirò. I genitori anziani, i bambini, gli animali, NON SI TOCCANO!

Tiro una boccata di sigaretta e guardo  il fumo salire verso l’alto.

Dall’appartamento di fianco a me, invece, la solita madre scema che urla al bambino. Questa tipa lavora a due metri da casa, alle 16:00 e già rientrata, ha i genitori che pensano a tutto e si permette anche di essere stressata. Dice a suo figlio che non merita nulla, gli grida dietro tutte le sere e tutti i week-end. Un giorno diventerà uno psicopatico. Anche qui, un marito molle.

Un cane abbaia su un balcone. I suoi due padroni ogni tanto se lo dimenticano e lui continua ad abbaiare. Li tengo d’occhio e abbiamo già fatto sapere loro che, se non ne avranno maggiore cura, interverremo a difesa del cane.

Cambio situazione e mi sporgo da un’altra finestra. C’è un grande orto curato da un signore di una villetta. Lo bagna con cura, ci semina una marea di cose. Passa Kitty, il gatto della vicina che gironzola tutta la notte, scava nel mezzo dell’orto, ci fa i suoi bisogni e copre con accuratezza. Lo fa spesso e mi strappa una risata tutte le volte.

Sere d’estate.

Sovrascrivere

SOVRASCRIVERE

Onestamente, di apprensioni verso il futuro non ne ho mai avute. Davvero mai, nemmeno quando ho vissuto anni di difficoltà economiche. Sono pronta a lasciare qualunque cosa io abbia da un minuto all’altro. Non ho alcun interesse in nessun tipo di possedimento di sorta né di accumulo di denaro o di altro e, anzi, considero la perdita il vero guadagno e la vera liberazione, anche se può sembrare un controsenso. La cosiddetta Provvidenza, comunque, mi ha sempre aiutata: basta crederci ed ecco che lei si presenta con una puntualità sconcertante.  Quando vedo la gente agitarsi per lo spread o per la sola ipotesi di perdere uno zero virgola di non so cosa, io li guardo come se fossimo popolazioni di diverse Galassie. Non capisco la loro lingua, non comprendo la loro agitazione. Mi preoccupo però di me stessa, perché probabilmente dovrei ragionare come loro, che nel 99% dei casi sono più benestanti di me. Questa popolazione di gente che sta bene, è convinta di stare male e vive nel terrore verso ciò che accadrà. Il futuro, ad ogni modo, è sempre diverso da ciò che ci saremmo immaginato, in quanto nel futuro si è portati a proiettare desideri di rosea natura. Stabilito questo, non dico che non si debbano avere progetti o fare pianificazioni, ma questi andrebbero vissuti con poca aspettativa. In tal modo, ciò che otterremo si discosterà meno da ciò che avevamo creduto.

Non ho nemmeno nostalgia del passato. Zero, mai avuta. Molte persone con cui mi relaziono mi parlano spesso degli anni addietro con un senso di perdita, organizzano rimpatriate per ritrovare persone di cui non sanno nulla da decenni, raccontano in continuazione aneddoti che mi avrebbero vista coinvolta ma che io nemmeno ricordo. Fosse stato per me, Facebook – concepito per ritrovare antiche conoscenze e vecchi compagni di scuola – non sarebbe mai nato. Ebbene: se le conoscenze sono volate via, o noi da loro, è esattamente ciò che doveva avvenire, quindi perché ricercarsi? Mai andata ad una rimpatriata in vita mia, mai avuta particolare nostalgia rispetto ai periodi della mia esistenza, trovo che il passato sia sopravvalutato per definizione. Non guardo nemmeno le foto, mi preferisco sempre oggi rispetto a qualunque giorno precedente, qualunque epoca, qualunque circostanza. Vedo i paesaggi, le persone nelle foto di gruppo e faccio fatica a inquadrarle in un contesto, i contorni dei loro visi si sono rarefatti, le situazioni vissute allora non mi comunicano più nulla, non so neanche perché quelle foto siano state fatte, che cosa si volesse cogliere.

Solo il presente è reale, e la percezione della giornata, anche la più insignificante, è quanto di più concreto abbiamo a disposizione perché non edulcorato da falsi ricordi e false proiezioni. Ciò non significa che qualche persona del passato non possa tornare, ma avverrà se è scritto e per uno scopo, non grazie ad un contatto forzato. Sovrascrivo dunque la mia vita sullo stesso disco, in un moto circolare. Non c’è un vero passato nè un vero futuro, c’è una nuova riscrittura che mi vede in scena con diversi attori e diversa sceneggiatura e, nella Commedia di adesso, non c’è ruolo per un attore del passato. Ciò che mi importa realmente, è capire dove mi trovo io rispetto al percorso che dovevo svolgere e per il quale ho stretto un patto; se le esperienze che ho vissuto, le persone che ho incontrato, mi hanno permesso questo o me ne hanno fatto allontanare. Il resto è teatro.

Movida

MOVIDA

Sono drammaticamente attorniata da persone che non fanno altro che parlare di località in cui andranno, o da cui provengono nei week-end o da settimane di ferie. Mi nauseano. Sembra che, senza tutto questo, la loro vita non abbia un senso, senza il dover raccontare il lunedì del tal posto di grido (rigorosamente al mare, neanche a dirlo!), in cui hanno preso il sole, si sono piazzati in mezzo alla ressa per l’aperitivo, hanno frequentato il tale ristorante. Tutte località banali, i soliti nomi dove vanno tutti. Mai nessuno che riesca ad attirare la mia attenzione con un luogo diverso, una scelta diversa, basata sulla scoperta di qualcosa. Nessuno che mi racconti di un paesaggio diverso, di frequentazioni diverse, di luoghi più intimi e raccolti, senza le quinte della solita messa in scena. Nemmeno uno che mi descriva un’opera d’arte, un piccolo museo sconosciuto in cui ha voluto recarsi a tutti i costi per scoprirne i tesori. E neanche un semplice week-end di chiacchiere vere e sincere, con un normalissimo caffè a casa propria, oppure a leggere un libro per poi raccontarlo.

Io odio tutto questo con l’intera me stessa, e purtroppo ci faccio i conti tutti gli anni. Una serie di éscamotage li avrei anche ideati: non li ascolto. Oppure, se mi raccontano che sono andati a mangiare una fiorentina nel locale di grido, rispondo che sono vegetariana/vegana/fruttariana (secondo la stagione). Detesto gli aperitivi, sono l’emblema della stupidità. A parer mio, tutta la movida del Pianeta Terra andrebbe cancellata per sempre, l’umanità ne avrebbe solo da guadagnare e le persone comincerebbero forse a riflettere sulla propria esistenza.

L’idea di vacanza, intesa come: cerco una località che mi aggradi (al mare, ovvio), prenoto di tutto e di più mesi e mesi prima, faccio la valigia, mi metto in coda da qualunque parte, arrivo e mi piazzo al sole fino all’ultimo minuto dell’ultimo giorno, e poi la sabbia, il caldo, la ressa ovunque, lo struscio serale, l’agghindarsi ad ogni costo, ebbene tutto questo mi stressa enormemente e ho smesso di praticarlo all’età di 19 anni.

C’è poi il viaggio, ed è tutt’altra cosa: a partire dai miei 20, ho inteso vedere il mondo con lo zaino in spalla, senza alcuna prenotazione, alla scoperta del fascino dei luoghi e delle persone. Il viaggio è un enorme arricchimento, purché si entri nelle case delle persone, si mangi e si chiacchieri con loro. Non solo nelle belle residenze in cui si viene ospitati per mestiere, ma soprattutto nei tuguri, tra la gente più umile che ha bisogno di prestare la propria camera per tirare a campare. Ne ho frequentate ovunque, di queste persone, che ti offrono il cuore, che ti donano il loro tempo senza limiti, e sono stati i più bei ricordi. Ti mostrano i luoghi veri, la loro cultura, ti parlano la loro lingua. Li guardi negli occhi e comprendi che l’umanità è una.

Oggi, però, benché ci sarebbero ancora dei luoghi che vedrei volentieri, mi trovo in una fase di viaggio interiore. Non sento la necessità di andare praticamente da nessuna parte, ma non è chiusura come qualcuna ha provato a dirmi, piuttosto un desiderio di fare un check-point preciso, prima di avventurarmi altrove. Sto scoprendo infinite cose di me, e ho quindi bisogno di fermarmi, leggermi, ascoltarmi. Ho bisogno del silenzio, della pace, del solo contatto con la natura e con poche selezionatissime persone che capiscano tutto questo. E’ una terza fase in cui mi sono avventurata da qualche anno. 

Un detto giapponese dice: ‘Il giorno in cui smetterai di viaggiare, sarai arrivato’.

Ecco, forse sono qui.

Un’opera d’arte

Quel Museo era grandioso, pieno di opere preziose e di incredibili bellezze. La gente vi andava a fiumi per ammirare ogni singolo oggetto, ogni singola creazione. L’edificio stesso era un’opera d’arte, con preziosi marmi, statue e decori che lo impreziosivano totalmente.

Al centro del Museo, nella sala principale, era posizionata una statua di rara bellezza, che tutti osservavano con stupore per la sua indicibile perfezione. In milioni, arrivavano da tutte le parti del paese per poter restare anche solo pochi minuti in ammirazione di questa statua.

Una notte, una mattonella di marmo si rivolse alla statua dicendole:

‘ Cara statua, sia io che te arriviamo dalla stessa cava, abbiamo fatto lo stesso percorso per giungere sin qui, siamo passati tra le mani dello stesso scultore. Eppure, io vengo calpestata mentre tu sei adorata. Perché? E’ ingiusto! ‘

La statua rispose:

‘Ricordi che, quando siamo arrivati dallo stesso scultore, il pezzo di marmo che lui scelse per farne una statua eri tu? Cominciò a scalpellarti, ma tu urlavi! ‘

‘Certo che lo ricordo, mi faceva molto male, non sopportavo quei colpi e volevo che smettesse! ‘

‘Esatto. – continuò la statua – Ti sgretolavi tutta; allora lui è passato ad un altro pezzo di marmo, e quel pezzo ero io. E sentivo quei colpi, sentivo quel dolore, mi faceva molto male. Ma sapevo che quello che avrebbe fatto di me era un’opera d’arte. Così ho sopportato il dolore. ‘

Se non vogliamo essere calpestati, ma desideriamo altro, abbiamo bisogno di reggere dei colpi. Quando arrivano quei momenti dolorosi che ci scalpellano, veniamo scolpiti. Dovremo sopportarli per ciò che saremo dopo: un’opera d’arte.

Incontro karmico

 

INCONTRI KARMICI

Quando si incontra e si frequenta qualcuno e, senza una ragione particolare, si percepisce una forte attrazione e legame naturale, oppure una forte avversione, si tratta di un legame karmico. Si incontra, cioè, un’anima con cui riscontriamo di aver già avuto un collegamento precedente, basato su una delle due forze di Amore o Odio. Questi due forti sentimenti, infatti, generano un legame aperto che dovrà essere chiuso e risolto, cioè superato, in una o in diverse vite. La lezione di cui necessitiamo, in questi casi, è di risoluzione dell’odio e della rabbia, o di superamento dell’attaccamento; se non ci si riesce, quel legame proseguirà nella vita o nelle vite successive, per chi crede nella reincarnazione, riproponendo l’incontro con la stessa anima per riportare l’attenzione su questa necessità.

Nel caso dell’Amore, ciò che contraddistingue l’incontro karmico è la natura stessa dell’attrazione, che è istintiva, non ragionata, non basata su alcun fatto né apparente motivazione, tantomeno estetica o emotiva. Può presentarsi infatti verso una persona che non risponda ai nostri storici gusti, che non rientri nella nostra ideale classificazione. E’ il caso di dire, piuttosto, che tale anima ci attrae ad essa con una forza prorompente. Non è attrazione sessuale ma è molto di più, è un legame inspiegabile.

Gli incontri karmici, funzionali quindi alla risoluzione di questioni antiche, non determinano un vero e proprio rapporto, che non si crea, non decolla, ma lascia un segno. Tutto appare irto di difficoltà, molte sono le resistenze, i conflitti; inspiegabilmente, a dispetto dell’attrazione, risulta impossibile determinare qualcosa, far confluire l’incontro in una storia che abbia un inizio, uno svolgimento e una fine. Accadrà di tutto per far saltare ogni più rosea aspettativa. Eppure, quella è una vera storia d’amore, la più bella, la più vera, l’unica degna di questo nome. Quella anima fa parte della tua vita, l’hai percepito subito e non la scorderai più. Non è apparsa così, di punto in bianco, tu sapevi che l’avresti incontrata perché è nella tua memoria, non sapevi quando ma sapevi che sarebbe accaduto. E quando accade, quel preciso evento interrompe la tua esistenza svolta fino a quel punto perché questo è uno degli avvenimenti più importanti che stavi attendendo. E’ un’unione che c’è già stata, un’anima che hai già amato in un lontano passato. L’hai riconosciuta all’istante come la riconoscerai ancora in qualunque altra veste. Non bastano le ragioni che si cerca di trovare, sono tutte insufficienti, prese una ad una o tutte insieme non spiegano nulla.

Fino a che il vincolo karmico non è sciolto, lo stesso incontro avverrà di nuovo, e non si scioglie con l’unione delle persone ma col superamento dell’attaccamento a questo amore. L’incontro karmico, infatti, non è l’incontro con la persona giusta e l’anima sbagliata, ma con la persona sbagliata e l’anima giusta. Non è il rapporto di coppia perfetto, ma esattamente il contrario, dato che le esigenze dell’anima sono altre rispetto ad un tranquillo matrimonio.

Ecco perché certi rapporti d’amore conflittuali, ma che agiscono ad un livello più profondo, lasciano un che di irrisolto, un desiderio di incontrare di nuovo quell’anima per capire meglio, per chiudere gli aspetti lasciati aperti, per liberarci da un vincolo da noi stessi creato ma da cui non abbiamo tratto insegnamento. Si è persa un’occasione e si dovrà attendere di nuovo, si è cercato altro e non ciò che andava cercato. Ecco perché quell’anima la incontreremo ancora e l’aspetteremo sempre. 

Amore per la Vita

BOSCO

Il contatto con la natura, imprescindibile per il genere umano, prende il nome di biofilia, dal greco ‘amore per la vita’ o ‘ amore per il mondo vivente’. Poiché ci siamo evoluti nella natura, sentiamo l’esigenza di dover mantenere un legame con essa. Anche se molti ne hanno perso consapevolezza, tutti noi ci sentiamo a casa negli ambienti incontaminati, perché è lì che abbiamo trascorso la maggior parte della nostra esistenza. Non crediamo, dunque, a chi vorrebbe renderci dei bipedi che si facciano bastare l’artificiosità dei paesaggi, l’eccessiva antropizzazione. Siamo, invece, strutturati geneticamente per amare la natura perché sappiamo che la nostra stessa esistenza e sopravvivenza dipende da essa.

Basta poco per ritrovarla e ritrovarsi. Passeggiare in un bosco, anche cittadino, ci riconnette alla nostra natura più vera e più antica. Lasciamo a casa il telefonino e ogni altra distrazione, rallentiamo i ritmi e immergiamoci nel presente, osserviamo, ascoltiamo, percepiamo. Ne otterremo grandi benefici per la nostra salute e la nostra mente. Le immersioni in un bosco rafforzano le difese immunitarie, aumentano l’energia, alleviano l’ansia, la depressione, la rabbia. Riducono lo stress, aumentano la chiarezza di pensiero, la creatività. Ci giungono quelle soluzioni che non potevano farsi strada in altre circostanze, capiamo il senso delle cose.

Il colore verde, ritenuto rilassante, è proprio quel colore che ci ricorda da dove arriviamo, quando dal verde eravamo circondati. E’ un istinto primordiale: dove c’è verde c’è acqua, dove c’è acqua c’è cibo.

Meravigliamoci di fronte alla natura, pensiamo oltre noi stessi. Comunichiamo con gli alberi come abbiamo sempre fatto, anche se è un singolo albero su un marciapiede. Ringraziamolo e rispettiamolo. Ogni anno, in tutto il mondo, vanno perduti più di 13 milioni di ettari boschivi: un’area paragonabile alle dimensioni dell’Inghilterra. La loro perdita è la perdita della biodiversità, l’aumento degli inquinanti, la cancellazione delle culture dei popoli delle foreste. E’ la perdita di noi stessi, soprattutto quando pensiamo che ciò che accade molto lontano da noi non comporti per noi alcun danno. Amiamo dunque, di più, la nostra casa.