Influencer

Ovviamente non quelli. Gli influencer così definiti riescono, con i loro comportamenti, ad influenzare i consumi dei soli imbecilli. Tutti quelli che non sono imbecilli, invece, non vengono minimamente sfiorati da tali inutili personcine.

Invece, vorrei illustrare quattro personaggi che mi appassionano molto:

MANCUSO

Stefano Mancuso: lui, in effetti, è stato incluso dal New Yorker tra i ‘world changers’, ovvero coloro che sono destinati a cambiarci vita. In realtà, la definizione non mi sembra azzeccata, perché – per riuscirci – tutti dovrebbero stare ad ascoltarlo, cosa che purtroppo non è. E’ un professore rivoluzionario di neurobiologia. Ha una passione incredibile e apre la mente con la sua divulgazione sulla sensibilità e intelligenza delle piante, quando illustra i suoi esperimenti si rimane a bocca aperta. Assolutamente da ascoltare, anche su You Tube, per capire quanto l’uomo non abbia ancora compreso sostanzialmente nulla.

BARDOT

Brigitte Bardot: la adoro, sia perché lotta per la causa animalista, ma anche perché è l’emblema di come debba essere una donna: una persona capace di decidere di cosa occuparsi, in cosa credere, anche se gli anni trascorrono e anche se tutto questo la tiene lontana dal jet set in cui gli altri avrebbero voluto ancora ficcarla. Lei ha deciso di lasciar scorrere il tempo rimanendo bellissima ancora oggi, di una bellezza derivante dalla sua sensibilità, dalle sue lotte, dalle sue provocazioni che rivolge ai politici francesi. Una mente libera, un grande coraggio. Seguo le azioni della sua Fondazione, è una donna davvero in gamba.

NOWZARADAN

Younan Nowzaradan: ammetto di avere un debole per la trasmissione ‘Vite al Limite’, in quanto sostanzialmente ho un debole per i deboli. Vi si raccontano i percorsi di uomini e donne gravemente obesi, impossibilitati a muoversi e dipendenti dal cibo e dalle persone che si prendono cura di loro. Alle loro spalle vi sono sempre gravissimi traumi, abbandoni, soprusi e violenze, che li hanno portati a ritenere il cibo l’unico conforto per non farsi più violentare l’anima, facendosi in realtà molto più male. Ed ecco che si rivolgono al Dott. Nowzaradan che è, nella realtà, uno dei massimi esperti di chirurgia bariatrica. Mi piace molto, questo dottore, perché quando in Italia si sono proposte delle trasmissioni legate alla chirurgia perlopiù estetica, chissà perché comparivano questi dottori fighetti sempre abbronzati, anch’essi rifatti, che personalmente avrei preso a sberle. Il Dott. Nowzaradan, invece, potrebbe starsene a casa sua a riposare, data anche l’età, ma sceglie di prestarsi per divulgare due concetti fondamentali: 1) la vita può essere molto pesante e difficile da vivere, davvero molto e per alcuni più che per altri; occorre molto impegno per uscire dai propri immensi drammi. 2) quando si parla di drammi, lo si deve fare con rispetto e, dunque, i chirurghi abbronzati e col nasino all’insù vadano pure a quel paese. Un mito.

ON N'EST PAS COUCHÉ 2014

Aymeric Caron: per lui non ho parole, sono letteralmente estasiata. E’ un giornalista e scrittore francese che ha le seguenti caratteristiche:

  • Estremamente preparato;

  • Educato;

  • Ottima cultura filosofica ed etica;

  • Meravigliosa dialettica;

  • Sorprendente capacità di argomentazione e abilità comunicative non indifferenti.

Il tutto, per parlare e difendere la causa antispecista e di liberazione animale. Lo seguo da tempo e ne sono letteralmente innamorata. Considerato che ha anche un bel faccino, e sa pure suonare il pianoforte e cantare, un tale insieme di qualità e capacità così concentrate in un solo personaggio mi lascia sbigottita, perché in Italia non vi siamo proprio abituati, forse gli avrebbero proposto il Grande Fratello. Ad ogni modo, Aymeric è veramente in gamba, se consideriamo che in Francia la popolazione vegana e che si muova sul fronte animalista è inferiore a quella italiana e sta emergendo solo da pochi anni a questa parte grazie a personaggi del suo calibro. Sto seguendo molto le vicende francesi e mi piacerebbe contattarlo.

Ecco, dunque, quattro personaggi da seguire e da cui lasciarsi tranquillamente influenzare. Non per divenire maggiori consumatori, ma per esserlo meno e aprire la mente. Ne proporrò altri.

Rientro

FINESTRE

Ed ora mi tocca rientrare al lavoro e spero che nessuno mi chieda se mi sono riposata, o mi faccia le solite inutili domande.

No, non mi sono riposata molto, però ho fatto diverse cose che desideravo fare.

Leggere: moltissimo;

Scrivere: anche;

Svegliarsi presto al mattino per godere delle prime luci: meno di quanto avrei voluto;

Andare a letto tardissimo: più di quanto avrei voluto;

Chiacchierare: a volte troppo;

Pensare: ovviamente;

Ascoltare musica: si, bretone;

Osservare e meditare: molto;

Restare in silenzio e scatenare la mia creatività: davvero tanto;

Acquarellare: si;

Ascoltare e guardare le piogge estive: tantissimo;

Approfondire: molto, soprattutto temi sulla questione animale;

Seguire la crisi di governo: zero.

Seguire le crisi del Pianeta, gli incendi, le devastazioni: si, purtroppo, ma ho anche preso delle decisioni in merito.

Dipingere: un casino.

Dato che le persone che mi vedono spesso, notano che mi vesto molto di nero (quasi sempre, in effetti), sappiano che, invece, quando si tratta delle mie case io esagero nei colori. Pitturare oggetti, togliere loro il grigiore e l’anonimato e renderli ridenti di colore, è una mia passione. Fosse per me andrei in giro a dipingere l’intero paese, anzi un giorno comincerò a farlo: portoncini blu, panchine azzurre, staccionate lilla, e fiori a profusione. Dipingerei anche gli asfalti, magari di rosa cipria, e tutti i cancelli di fucsia. E allora: perché lasciare che le porte del mio fienile restino di color marrone, quando si potrebbero colorare di lilla? E perché le finestre, anziché di bianco o di grigio, non dovrei dipingerle di color pervinca? Questo è ciò che ho fatto, insieme ad altri lavori. Poi, il solito giro in discarica per buttare quanto accumulato recentemente. Ma, questa volta, con lo sguardo basso e senza lasciarmi tentare dai grandi container dove la gente butta i mobili interi: tavolini, comodini, sedie, e poi l’angolo degli strumenti elettrici, dove talvolta si può trovare qualche lampada da reinventare. No, mi sono detta, quest’anno non mi porto a casa nulla, o resterò sepolta di cose da restaurare e dipingere per i prossimi dieci anni. Mi devo dare una regolata. Ho portato a casa, però, 4 seggioline di legno troppo piccole per sedervisi, a meno di non essere dei nani, e so già cosa farne e come decorarle. Da questa casa porto oggetti nell’altra, dall’altra porto oggetti in questa, è un continuo spostare, un continuo riposizionare. Le due case si parlano attraverso la mia inquietudine.

E poi, liste di cose da fare, cose da progettare, gente da incontrare, corsi a cui iscriversi, e viaggi, e gite, e occasioni, e ancora lavori, e letture, e ascolti, e intenzioni. Liste e liste che ho riordinato una volta a casa. Non ho mancato di tirare le somme rispetto alle liste dello scorso anno, e devo dire che sono riuscita a centrare quasi tutti gli obiettivi e i desideri. Non male, mi sono fatta i complimenti da sola.

Dedicato a Melissa

MELISSA

La mia prima gatta si chiamava Melissa ed era siamese. Era stato un amico di famiglia a proporci di prendere una cucciola e mia mamma aveva acconsentito. Pochi mesi dopo, un vicino di casa che lavorava alla Zambeletti, venuto a casa nostra per non so quale ragione, ci aveva proposto di poterla avere pagandocela 250.000 lire, che a quei tempi era una sommetta, per poterla utilizzare per la sperimentazione animale. Mia mamma lo cacciò di casa con le peggiori parole, aggiungendo che, se proprio desiderava vivisezionare qualcuno, poteva farlo coi suoi figli. Questa era mia madre. Grande!

Da quel momento, l’ho tenuto d’occhio, quel vicino, e so per certo che si è dilettato ad avvelenare parecchi gatti di strada.

Nel 1883 Victor Hugo esclamò: ‘La vivisezione è un crimine’!

E’ il crimine più orribile, quello di più lunga durata, il più numericamente imponente. E’ la maggiore sorgente di denaro, il segreto meglio custodito, e forse il più noto crimine legalizzato benedetto da tutti.

Ho appena ultimato la lettura del libro ‘I Gatti di Hill Grove’, ovvero la storia della campagna contro l’allevamento Hill Grove Farm. La storia ha inizio a metà degli anni Settanta in Inghilterra, dove un certo Brown e Signora cominciano ad allevare gatti da vendere all’industria farmaceutica. Le fattrici erano tenute in gabbie insieme ai migliori riproduttori e venivano fatte partorire solo con taglio cesareo per garantire la sterilità. Ovviamente venivano subito allontanate dai cuccioli che erano venduti poche settimane dopo la nascita. Ogni gatta trascorreva così 10 anni di vita, dopodiché veniva uccisa.

Fu Cynthia O’Neill, una signora cinquantaduenne, ad iniziare la campagna; anche a lei era scomparsa la propria gatta come ad altri vicini di casa. Così, cominciando a collegare che, oltre al crimine che veniva perpetuato in quello stabilimento, si aggiungeva anche il terrore che fosserro anche i propri animali a fare quella fine, cominciò a fare guerra su tutti i fronti. La cosa abominevole fu che gli organismi preposti alla tutela degli animali, come la RSPCA (Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals), la CPL (Cat Proteection League), la BUAV (British Union for the Abolition of Vivisection), si rifiutavano di intervenire adducendo mille scuse che, invece, nascondevano interessi ed equilibri da non minacciare. Cynthia fu un osso duro, si organizzò con altri attivisti e, attraverso la raccolta di fondi, organizzarono manifestazioni continue per mesi, per stagioni, per anni, venendo spesso arrestati, subendo qualunque tipo di pressione e persecuzione, ricevendo trattamenti ‘speciali’ dalla Polizia. Dopo diversi anni, in qui Cynthia e il resto del movimento non mollarono nonostante la fatica e il senso di continua disfatta, ottennero la testimonianza di una ragazza che aveva lavorato nello stabilimento, la quale raccontò che alla vista del proprietario, i gatti impazzivano e si arrampicavano sulle pareti delle gabbie. E questo solo per i metodi di allevamento, ancor prima quindi, che l’abominio della sperimentazione fosse ancora praticato.

A metà degli anni Novanta, furono rese di pubblico dominio le modalità di utilizzo dei gatti da parte di un Professore universitario, il quale utilizzava gatti dell’età variabile tra i 2 e i 143 giorni per esperimenti sul cervello. I gatti venivano accecati da un occhio, la loro testa bloccata in un apparecchio stereotassico, mentre nel loro cervello veniva iniettata una sostanza colorata. Dopodiché, gli animali venivano uccisi. I gatti, come del resto molti altri animali, subivano anche elettroshock, erano esposti a radiazioni, congelati e torturati a morte, mutilati e sezionati, affamati e paralizzati, bruciati.

Per contrastare la campagna contro Hill Grove Farm, furono impiegate task force di Polizia sempre più ingenti con un enorme esborso di denaro pubblico. Ad aiutare Cynthia fu un numero sempre maggiore di persone sensibili, che preferirono questa battaglia a qualunque altro inutile passatempo; anche il Reverendo James Thompson, unico della categoria, si impegnò in prima persona parlando ai fedeli e rilasciando interviste, sostenendo che è un dovere di tutti proteggere la vita. Nessun bene può nascere dal male; molte malattie sono causate da farmaci perfettamente testati su animali.

Cominciarono ad arrivare attivisti dall’intera Inghilterra e da altri Paesi esteri. Alcuni parlamentari non poterono più ignorare la portata delle manifestazioni e, venuti a conoscenza degli orrori perpetrati ai danni di innocenti, proposero una modifica della legge per vietare innanzitutto l’esportazione di animali vivi per la vivisezione. Il proprietario fu messo spalle al muro da questo e da immagini forti che circolavano nelle manifestazioni e sui media. Su un manifesto, un grande gatto rosso era rasato davanti, dietro e sui fianchi ed era steso su due fogli di plastica rigida, tenuto immobilizzato da cinghie di cuoio. Aveva della gommapiuma blu che gli usciva dalla testa e tanti tubi di plastica, alcuni pieni di sangue, da non riuscire a contarli.

Alla fine, il 12 agosto 1999, i Brown cedettero e chiusero lo stabilimento, e i gatti presenti in quel momento vennero liberati e adottati. Si dice che quel posto sia maledetto, e che di notte si possano ancora sentire le loro urla.

Eudemonia

ARISTOTELE

Secondo Aristotele e il suo sistema di etica della virtù, il segreto della felicità si trova nell’equilibrio che ci permette di raggiungere l’Eudemonia (dal greco eudaimonia, eu-buono e daimon, demone o spirito buono).

Nell’Etica Nicomachea, il suo libro più noto scritto nel IV secolo a.C., egli elenca le virtù:

Mitezza: è la capacità di controllare il nostro temperamento e le prime reazioni. La persona paziente non si arrabbia troppo, ma non evita neppure di arrabbiarsi quando ne ha le ragioni. 

Forza: è il punto medio tra codardia e imprudenza. La persona forte è quella che affronta il pericolo, essendo consapevole dei rischi e prendendo le necessarie precauzioni. Si tratta di non assumere rischi inutili, ma neppure evitare i rischi necessari per crescere.

Tolleranza: è l’equilibrio tra l’eccessiva indulgenza e l’intransigenza. Aristotele pensava che fosse importante tollerare, ma senza cadere nell’estremo di tollerare tutto, lasciando che gli altri calpestino i nostri diritti o ci feriscano deliberatamente senza risponderne. E’ tanto negativo essere estremamente tollerante quanto estremamente intollerante.

Generosità: è il punto centrale tra meschinità e prodigalità; si tratta di aiutare gli altri ma non concedersi al punto che il nostro io ne risulti diluito.

Modestia: è la virtù intermedia tra non riconoscersi sufficiente credito per i risultati ottenuti a causa di una bassa autostima e l’ego eccessivo che ci fa pensare di essere il centro dell’universo. Si tratta di riconoscere i nostri errori e le nostre virtù, assumendo le responsabilità che ci corrispondono.

Veracità:  è la virtù dell’onestà, che Aristotele colloca a metà strada tra la menzogna abituale e la mancanza di tatto nel dire la verità. Si tratta di valutare lo scopo delle nostre parole e dire ciò che è necessario.

Grazia: è il punto intermedio tra l’essere un buffone ed essere antipatico e maleducato, ovvero essere in modo tale che gli altri possano godere della nostra compagnia.

Decenza:  è il punto intermedio tra l’essere troppo timido e l’essere spudorato.

Equità: è la virtù di trattare in modo equo gli altri, a metà strada tra l’altruismo e il totale disinteresse. Consiste nel saper prendere in considerazione sia i bisogni degli altri che i propri.

Beh, devo dire che negli ultimi anni il mio grado di mitezza è cresciuto a dismisura, sono però ancora molto brava a prendermi rischi inutili (e comunque temo molto più la codardia) e tollero ‘quasi’ tutto. In pratica non sono esattamente equilibrata rispetto a queste voci, ma forse verso nessuna. Sull’onestà, però, non si discute.

Sagre

Bella l’Estate, con tutte le sue sagre, no? Soprattutto quelle che ancora oggi hanno per ‘oggetto’ gli animali. Si conta che in Spagna si tengano più di 3.000 celebrazioni nelle quali la violenza su animali regna sovrana. Una delle feste più conosciute è la corsa dei tori a Pamplona, nel giorno di San Firmino. Animali stressati ed eccitati dalla folla sanguinaria vengono fatti correre imbizzarriti e terrorizzati lungo le vie ingombre di deficienti. Poi, ovviamente, verranno uccisi. Nei pressi di Valencia, invece, il toro è attirato verso il mare dagli spettatori. Tutti ridono vedendolo annaspare in acqua. Ho visto delle foto, non si possono dimenticare quegli occhi che chiedono pietà …

A Sagunt, durante la celebrazione del Toro di Fuoco, una vera barbarie, vengono unte le corna di pece e poi date alle fiamme. All’interno delle corna, ci sono moltissimi centri nervosi e il toro impazzisce dal dolore, mentre gli spettatori sghignazzano. Capita che il toro si butti da una rupe o si getti contro una parete per farla finita.

TORO DE FUEGO

Non sono solo i tori, ovviamente, ad essere oggetto di divertimento di persone di così basso livello spirituale ed etico da far vergognare l’intera Umanità. Oche appese a testa in giù per farsi decapitare da presunti cavalieri, per fare un altro esempio. Ovviamente, questo genere di sagre non è presente nella sola Spagna, anche se lì vi è questo record infame. In Perù, durante la Festa del Sangue, un condor è attaccato sul dorso di un toro in un sanguinario combattimento che si tiene nelle arene. Il toro, non solo subirà tutti i colpi del Matador, ma anche quelli del condor che, per liberarsi, affonda artigli e becco sul toro. E ancora tutte le corse di cavalli e di cani, i combattimenti, i palii (molti dei quali in Italia), i rodei con le marcature a vivo, e poi ancora l’uso di animali come premi, e decine e decine di altre prove di virilità dell’uomo, perché è sempre di questo che stiamo parlando, del sentirsi uomini senza esserlo.

Se c’è un ambito in cui vorrei avere pieni poteri è proprio questo: Ministro per il benessere e la tutela animale. Andrei giù molto ma molto pesante, mi farei molti nemici, ma avrei loro dalla mia parte: le creature con quello sguardo.

Personalmente, istituirei anche un colloquio sul posto di lavoro. Ti diverti con questo? Allora sei uno psicopatico, sei socialmente disturbato, sei un pericolo.

Farei anche un giretto dal Papa: la finiamo o no di travestire tutte quelle feste e festine da farsa religiosa, quando poi sono degli inni al massacro? La vogliamo finire o no di riproporre i rituali sacrificali di animali? La vogliamo finire col ricordare gli aspetti peggiori e anacronistici del Medioevo, e magari del Medioevo apprezzare di più l’architettura, la miniatura, i testi, il canto?

Non mi darebbero mai un incarico del genere…

Crisi

BERLUSCONIRENZISALVINI

Rieccoci all’ennesima crisi di governo, cose già viste, e rieccoci alle solite chiacchiere da bar. Da una parte il popolino che ha votato il Leader di turno, dall’altra il popolino che sfrutta il momento per innestare la propria migliore ideologia. In rete impazzano commenti in tutte le salse come in una partita di calcio fiorentino, con modi e rozzezza medievali (e io sono un’estimatrice del Medioevo). Lo schema si ripete: al momento di massima decadenza del Leader precedente (che non avevo votato), a sua volta acclamato come salvatore della Patria rispetto al Leader ancora precedente (che non avevo votato), subentra questo (che non ho votato). Intanto una considerazione personale: così come non può essere considerata sana per definizione una società quotata in borsa con un titolo di buon valore, non può essere considerato illuminato un politico super acclamato. Mentre infatti il Leader cresce in popolarità, il suo seguito smette di pensare sentendosi in buone mani e, questo, fa marcire la società dall’interno. In effetti, basterebbe essere un minimo osservatori e conoscitori della natura umana per intuire quali caratteristiche del Primo Ministro di turno emergeranno preponderanti. Basterebbe averlo ascoltato con cura, averne misurato il carattere, per comprendere cosa avverrà nel tempo, dato che alle persone mediocri il potere dà alla testa più dell’alcool. Una cosa è certa, i tre Leader degli ultimi tempi hanno condiviso una caratteristica: l’egocentrismo, che però – evidentemente – è la caratteristica più ricercata dalla maggioranza del popolo italiano. Si governa non per essere al servizio delle persone ed essere divorato dai dubbi, ma per accrescere la stima di se stessi (bassa per definizione, evidentemente), per ascoltarsi mentre si parla, per ricevere gli applausi dal popolino, per accontentarli con slogan fasulli e tenere in vita la loro illusione. Però, non vorrei cascare anch’io nella critica facile verso il Leader, lui è lui ed era lui anche prima e per quanto mi riguarda vale uno. Quello che, invece, mi incuriosisce è il fenomeno dei detrattori, i quali rivolgono le proprie critiche a questo ‘uno’ anziché ai milioni che l’hanno votato e che si esprimono, similmente, attraverso slogan e pregiudizi. Spiego meglio: non è che lui è il Tiranno che nessuno vuole, lui è stato scelto consapevolmente perché quella parte di popolo in lui si identifica e desidera vivere così:

  • Non vuole che sul proprio territorio locale o nazionale circoli uno qualsiasi che non si chiami Rossi o Verde (anche se poi non saprebbe dirti qual è il capoluogo di provincia del Molise, terra che non sapeva fosse italiana); al massimo può circolare per il periodo in cui lui è al mare in vacanza per servirlo. Chiude un occhio per la colf che chiama ‘filippina’ anche se è ucraina.

  • E’ convinto che, a parte la sua famiglia e tutti quelli del suo rione, gli altri vivano nelle capanne;

  • Non vuole che chicchessia gli rubi il lavoro, anche se di lavorare non ne ha la minima voglia, soprattutto se si tratta di sporcarsi le mani o di fare fatica;

  • Non vuole che un tizio chiunque sbarchi in Italia, a meno di non poterlo impiegare nella sua fabbrichetta o in nero da qualunque altra parte; lui, però, deve poter fare ogni traffico con ogni paese per potersi comprare il Porsche;

  • Non vuole sapere che nel proprio palazzo o nella classe del proprio figlio ci sia una persona di natura diversa da quella della stirpe da cui lui proviene, dato che intende ascoltare solo il dialetto con cui si esprimono i suoi parenti.

  • Non vuole che siano praticate altre religioni oltre a quella Cattolica, anche se lui bestemmia tutto il giorno e di andare a Messa nemmeno ci pensa;

E’ un popolo che si alimenta di frasi ad effetto, che anziché essere protagonista della propria vita, affida al politico di turno la risoluzione dei suoi problemi e delle sue frustrazioni. Crede che il modello giusto sia quello delle tasse da non pagare perché se ne pagano troppe per definizione, delle armi da usare perché lo faceva anche John Wayne contro i bruti. E’ la ricerca della virilità perduta da tempo, l’affermazione di muscoli che non si avrebbero altrimenti, la volontà di sopraffare chi ritenuto inferiore, di non conoscere ciò che non si conosce. Il desiderio di sentirsi, tolta la tuta da meccanico o depositato il Porsche, schierato in una partita perenne contro l’altrui fazione, questo si tipico dell’Italietta da secoli.

E d’altra parte, se si ama Twitter per quale motivo non dovrebbero essere amati gli slogan? Se si amano le reti commerciali e la tv spazzatura fatta di veline e tronisti, perché non amare il machismo? Se si amano Facebook e i selfie, perché non gradire le botte e risposte in pillola tra politici, o le loro apparizioni ovunque coi sorrisi stampati esattamente come avviene sul Social? Il problema, dunque, è il popolo. E’ il decadimento morale, culturale (non scolastico), è l’incapacità di approfondimento, di domanda. E’ il farsi andar bene una battuta al bar, o in tv, con la quale alimentare l’intera giornata. E’ un drammatico vuoto mentale. E’ di questo, che dobbiamo avere paura, non di altro: di noi stessi.

Calma

BOSCO 2

Il fruscio delle foglie accarezzate dalla brezza, il rumore della pioggia, dei tuoni in lontananza. Il verso di un rapace notturno o il primo canto degli uccelli all’alba. Il moto delle onde o il gorgoglio di un ruscello. Tutto questo è sacro. Lascio che la natura mi mostri i suoi tempi e i suoi modi. Di giorno, osservo una colonia di formiche trasportatrici e sbarro loro la strada con un ramoscello per vedere che fanno. Noto lo sbocciare dei fiori e il crescere delle foglie; raccolgo le more e ciò che la natura ha da offrirmi. Scruto l’acqua e ciò che vi appare più sotto, in trasparenza; affondo una mano nella sabbia e ne faccio cadere un rivolo sottile, come da una clessidra. Accosto conchiglie raccolte qua e là dando loro una forma nuova, una nuova armonia; salvo piccoli granchietti dalla morte per schiacciamento. Di notte, ascolto i versi e i fruscii di fantastiche creature dei boschi, che mi stavano osservando a loro volta; seguo il cammino di un ghiro lungo i fili della corrente e il moto circolare di un falco sopra di lui. Guardo in profondità e in lontananza. Abbasso lo sguardo per cogliere le micro creature, infinitamente piccole e perfette: ogni forma si inserisce in una sezione aurea. Tutte loro sono dannatamente prese da mille faccende e mi chiedono di non essere disturbate. Hanno i loro tempi per fare tutto, vogliono concludere in tempo. Poi alzo lo sguardo e strizzo gli occhi per attraversare la galassia e vedere il più possibile. Forme giganti, questa volta, ma la loro armonia non è da meno. Miro anche all’orizzonte affidandogli i miei pensieri. Là, dove tutto si unisce e si perde allo sguardo dell’uomo. Lascio fuori i rumori mentali, mi inebrio di pace e di calma. La natura mi mostra tutto ciò che è per come deve essere. Questa è la mia movida, un brulichio di esseri che sanno bene chi sono. E io mi lascio accompagnare da questi festeggiamenti e danzo con loro.

Creme solari

Il primo giorno in cui è apparsa qualche nuvola, e finalmente ha piovuto un po’, ho sentito dire da alcune persone che il tempo era brutto. Brutto? Dopo due mesi di calore infernale, sofferto soprattutto nelle roventi città asfaltate e incementate, le terre aride, i fiumi asciutti, gli animali impossibilitati a bere, gli alberi sofferenti e i rischi d’incendio, le molte persone costrette a non muoversi, a non recarsi altrove, gli anziani, gli indigenti che non possono permettersi nemmeno un ventilatore in casa, gli ammalati allettati ricoperti di piaghe, cos’altro dovrebbe convincervi a considerare la pioggia una benedizione e a danzare e gioire perché possa dissetare tutti e lenire le loro sofferenze?

La paura, forse, che sulla vostra spiaggetta non possiate raggiungere il giusto tono di abbronzatura da esibire nei selfie? Il timore, forse, che gli amici di Facebook non possano mettere un like alla vostra faccia, che è sempre la stessa, con dietro il panorama fatto di mare e cielo, che è sempre lo stesso e col quale li ammorbate tutti gli anni come se foste nell’unico Paradiso Terrestre in cui l’uomo meriterebbe di essere e, se non c’è, poverino lui? Il terrore, forse, che in una giornata di pioggia non sappiate più cosa fare di voi stessi/e e dei vostri pochi pensieri? Che improvvisamente, avendo voi incentrato la vostra vita sull’abbronzatura e nient’altro, emergano strane ombre dal vostro interno? Coraggio, quelle ombre siete voi. Fatevene una ragione e l’anno prossimo cambiate tema, per la felicità degli amici di Facebook (e Instagram, naturalmente), che di notte sognano di poter spegnere definitivamente i vostri sorrisi stampati ma non osano sennò usciranno dal branco … Però, se proprio l’abbronzatura è il vostro massimo obiettivo, che almeno sia protetta e magari con prodotti cruelty-free.

CREME SOLARI

TEST: Sulla pelle sana e rasata del soggetto, si applica la crema e la si lascia sotto i raggi UV per molte ore, fino a calcolare la DEM: Dose Eritematica Minimale, vale a dire il grado di scottatura.

Ecco, in un giorno di pioggia, pensate a questo e fate una scelta diversa e per sempre. Idioti!