Erik Satie

ERIK SATIE
Ed eccomi a scrivere anche di musica, cominciando da un compositore francese, eccentrico e innovativo. Molto innovativo.
Erik Satie, vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900, ha frequentato pittori e poeti d’avanguardia e, come tutti loro, provava un senso di fastidio verso l’insegnamento e l’ambiente accademico, limitante e invasivo. Quello stesso ambiente accademico che non riconosceva in lui alcun talento, perché il talento veniva interpretato come la capacità di saper svolgere magistralmente qualcosa di già visto, di già prodotto.
Molti suoi brani sono rabbiosi e rumorosi, volutamente, ma quelli a cui io alludo – e sono famosissimi – mi fanno raggiungere quella parte di me più autentica. Le tre Gypnopedie che inserisco sono brani di un livello altissimo; niente virtuosismo, ma una ricerca della nota perfetta, per suscitare sentimenti molto intensi, di malinconia, di tristezza, di assoluto. Accordi in minore che toccano l’anima.
Eccole:

Oltre a queste, ha composto la serie delle Gnossienne, di cui pubblico le prime 6. Spesso le persone scappano dalle situazioni malinconiche; io, invece, che ho un animo romantico, non posso che nutrirmene.

Dean Spanley

CANI AMICI.jpg

Dopo aver scritto sul Festival di Yulin vorrei invece dedicare un film a tutti coloro che i cani li amano. Il film è ‘Dean Spanley’, di Toa Fraser, con un cast eccezionale. E’ pubblicato su You Tube ed è definito impropriamente una commedia, mentre è drammatico e sentimentale in tutto e per tutto. Seguitelo fino alla fine, per cogliere le soprese dell’intreccio.

Lo dedico a chi, come me, crede nella trasmigrazione dell’anima, a chi ama, appunto, i cani, e vorrebbe sentirsi nei loro panni per un paio d’ore. E’ un racconto intenso, che non lascia indifferenti, che emoziona. Beh, io mi emoziono spesso, devo dire, di continuo, forse troppo.

Ma vorrei non essere così?

Buona visione.

Il Bardo

SHAKESPEARE

Non sarà stato una bellezza, il bardo. Ma ammetto di essere sensibile a ben altro. I suoi sonetti sono elevatissimi, intensi, malinconici, parlano di amore, di tempo passato, di rimpianto e dolore, di precarietà di tutto ciò che riguarda l’uomo è che è destinato ad essere dimenticato. Potrei innamorarmi all’istante di un bardo che mi dedicasse queste parole. Libri come questo vanno posseduti e riaperti di tanto in tanto in una pagina a caso. Ciò che vi si leggerà scalderà sempre il cuore.

Propongo qui una mia selezione dei 7 sonetti shakespeariani che più ho amato leggere, a partire dal famosissimo 116, citato da molti autori romantici.

116

Non sia mai ch’io ponga impedimenti

all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore

se muta quando scopre un mutamento,

o tende a svanire quando l’altro s’allontana.

Oh no! Amore è un faro sempre fisso

che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;

è la stella-guida di ogni sperduta barca,

il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.

Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote

dovran cadere sotto la sua curva lama;

Amore non muta in poche ore o settimane,

ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio.

Se questo è errore e mi sarà provato,

Io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.

 

28

Come tornare, dunque, a uno stato felice

se mi è negato il bene del riposo?

Se l’oppressione del giorno non trova, di notte,

il minimo sollievo, e il giorno con la notte

e la notte col giorno si opprimono a vicenda;

anzi nemici entrambi del regno altrui si uniscono

per torturarmi, l’uno con la fatica e l’altra lamentando

la mia lontananza da te, la continua distanza.

Così, per compiacerlo, dico al giorno

quanto sei luminoso, e quanta grazia riesci a donargli

quando le nuvole offuscano il cielo; e lusingo

La notte dal volto abbrunato, che quando le stelle

Non brillano sei tu che rischiari la sera.

Ma ogni giorno il giorno prolunga le mie sofferenze,

e ogni notte la notte fa sembrare più forte questa lunga pena.

 

30

Quando alle assise del dolce, silente pensiero,

convoco la memoria di cose passate, mi duole l’assenza

di tante cose prima vagheggiate, e agli antichi dolori

aggiungo il nuovo rimpianto per aver disfatto

l’età che mi fu cara, e gli occhi non usi alle lacrime

annegano nel pianto per tutti gli amici preziosi

che la morte ha rapito nella notte eterna, e ritorno

a piangere pene d’amore da tempo scomparse, gemendo

per tanto spreco di affetti perduti.

Allora posso affliggermi per le passate afflizioni,

e di dolore in dolore con molta sofferenza ripercorrere

il triste elenco dei pianti già pianti, che sconto

come se già non li avessi scontati. Ma se in quel momento

amico diletto ti penso, ogni perdita

viene recuperata, e ogni dolore ha fine.

 

66

Stanco di tutto questo desidero la quiete della morte,

vedendo come il Merito è destinato sempre a mendicare,

e il Nulla con molte esigenze agghindato di fronzoli,

e la Fede più pura rinnegata in maniera meschina,

e gli Onori più alti spartiti con tale vergogna,

e la Virtù virginale così brutalmente corrotta,

e ingiustamente offesa la giusta Perfezione,

e la Forza fiaccata da obliqui poteri impotenti,

e le Arti che hanno la lingua legata dall’Autorità,

e la Follia che controlla l’ingegno con tono dottorale,

la Verità più leale fraintesa come fosse Ingenuità,

e il Bene che obbedisce come schiavo al Capitano Male.

Stanco di tutto questo, me ne vorrei liberare:

non fosse che morendo lascerei il mio amore da solo.

 

74

Ma tu resta sereno quando il crudele arresto

che nega ogni riscatto dovrà portarmi via;

la mia vita mantiene i suoi diritti su questa poesia

che resterà con te per sempre a mia memoria.

Quando la leggerai, potrai leggervi meglio

proprio la parte di me che ti fu consacrata.

La terra non può avere che la terra, che è quanto dovuto,

ma il mio spirito è tuo, ed è la parte migliore di me:

allora avrai perduto solamente le scorie della vita,

preda dei vermi essendo morto il corpo,

l’ignobile bottino del coltello di un povero infelice,

cosa troppo meschina per te da ricordare.

Il suo unico pregio è in quello che contiene,

ed è qui nei miei versi, e resterà con te.

 

75

Si, tu sei ai miei pensieri come alla vita il cibo,

o come dolci piovaschi alla terra quand’è primavera;

e per tua pace sostengo una lotta che è simile

a quella dell’avaro con la sua ricchezza,

che un momento è orgoglioso di goderne, ma subito dopo

teme che il tempo rapace gli rubi il suo tesoro;

ora pensando che è meglio restare da solo con te,

e poi ancora meglio

che il mondo veda tutto il mio piacere;

sazio talvolta per il banchetto della tua visione,

subito dopo affamato di un tuo solo sguardo;

possedendo o inseguendo nient’altro diletto

che quello già avuto da te, o che potrò avere.

Così di giorno in giorno languisco e mi sazio:

o divorando tutto,  o non avendo nulla per sfamarmi.

 

87

Addio, sei troppo caro perché ti possegga,

e conosci abbastanza la tua valutazione;

il documento che attesta i tuoi pregi ti affranca,

e gli impegni che avevo con te sono tutti scaduti.

Come ti tengo, infatti, se non per concessione?

E che meriti avrei per simile ricchezza?

Mi mancano i motivi per questo bel dono,

e così i miei diritti scaduti ti vengono resi.

Avevi donato te stesso, ignorando i tuoi pregi,

oppure, donandoti a me, mi avevi creduto diverso;

così questo dono prezioso, fondato sull’errore,

dopo un giudizio migliore se ne torna a casa.

Dunque ti avevo avuto come lusinga un sogno:

nel sonno come un re,

ma più niente di simile al risveglio.

La Cura

Ieri sera, annoiata sul divano, stavo valutando se andare a letto. Era mezzanotte ma ne avrei fatto a meno ed ero, invece, tentata di cominciare un nuovo libro. Poi, ho girato un paio di canali senza grandi speranze, e su Rai Tre stava iniziando proprio in quel momento una puntata de ‘I dieci comandamenti’, di Domenico Iannacone, che avevo già seguito nelle precedenti stagioni.

L’ho guardata d’un fiato, non riuscivo a staccarmi da quel racconto. Una storia così toccante, quella di Pierpaolo, così delicata e immensa, da avermi commossa profondamente. Un amore, quello narrato, perfetto e puro, di una tale bellezza da avermi riportato a pensare che nel mondo, in effetti, di bellezza ce n’è ancora tanta, ed è la più nascosta.

Oggi, sono andata a rivedermela, quella storia di cui non racconto nulla; mi sono detta che da sola vale – per quanto mi riguarda – l’intero canone annuo RAI. Ti prende l’anima, ecco quello che fa.

E’ disponibile su Raireplay, puntata del 03/12/2017 – Titolo: La Cura, oppure nel sito stesso della trasmissione. Nella seconda parte vi è poi una seconda storia, anch’essa bellissima.

 

Libertà

LIBERTA'

Per chi, come me, è satura di parecchie cose, descrivo alcuni comportamenti a cui si approda con anni di un certo vissuto e che rappresentano un sano egoismo (direi sanissimo):

  • Arrivare in ritardo. Siccome non è l’appuntamento ad essere importante, ma siamo noi rispetto ad esso (cioè l’appuntamento è importante per me, mentre non lo è in sé), allora arrivare in ritardo è un sacrosanto diritto. E’ bene intanto chiarire che non si arriva mai in anticipo, mentre si può arrivare puntuali se non si incontrano ostacoli. Siccome gli ostacoli sono una costante, arrivare puntuali è praticamente impossibile e quindi non richiede scuse, altrimenti passeremmo la vita a scusarci di tutto. Bisogna saper arrivare in ritardo con una certa nonchalance che si sviluppa, appunto, con gli anni.

  • Dire di no ad un invito senza aggiungere il perché. Non c’è un perché, e non deve necessariamente esserci: io, semplicemente, in quel posto non voglio venirci, con te nemmeno, oppure non quel giorno, non se ci sono quelle persone, non se dura così tanto, ecc. ecc., con tutte le varianti del caso. Alla richiesta del perché no, rispondere che non siamo interessati, ovvero non inventare scuse perché non necessarie. Le persone che ci ruotano attorno vanno un po’ educate ad un no senza replica. Se ci viene detto che siamo asociali, rispondere bellamente di si, così loro saranno contente di aver avuto un’illuminazione.

  • Non rispondere al telefono di casa. Attenzione: non rispondere al cellulare è da maleducati, cioè si può non rispondere al momento ma poi la persona che ci ha cercati andrà comunque richiamata. Personalmente ho superato anche tutto questo. Le persone a cui tengo sanno che se non rispondo è perché non è il momento giusto, ma cerco sempre di richiamarle nel breve. Diverso è il telefono di casa al quale, invece, non si risponde e basta. Questo perché il telefono di casa è, per definizione, una rottura di scatole, in quanto squilla sempre nel momento sbagliato, anche se non stavi facendo nulla (ed è proprio perché intendevi non fare nulla che non ti va di rispondere). Alla domanda del perché non abbiamo risposto, benché fossimo a casa (la gente è spesso a caccia di indizi), rispondere semplicemente che noi, al telefono di casa, non rispondiamo. Non serve aggiungere altro.

  • Cambiare idea. Questo è un po’ più difficile. Mi hai invitata fuori, ti ho detto di si 4 giorni fa, ma si sa che il tempo trasforma tutto, no? Quindi, se oggi non mi va più di uscire con te, in qualche modo devo pur dirtelo. Come ci si arriva? Semplice: nella maggior parte dei casi rispondere subito di no, dato che sappiamo che il ripensamento arriverà puntuale. Rispondere di si, invece, se l’uscita o altra occasione, deve avvenire di lì a poche ore, altrimenti non potremo garantire lo stesso stato d’animo.

  • Scappare. Se proprio ci siamo infilati in un locale, in una festa, in una cena con colleghi di lavoro o parenti, per qualche strano motivo, ma si intuisce che l’andazzo è proprio quello che immaginavamo, si può andar via anche solo dopo essere arrivati, in quanto diritto inalienabile. Come si scappa? Si esce tranquillamente senza voltarsi, senza dare spiegazioni o chiedere consigli, o aspettare il momento giusto. Il momento giusto è subito: voltare le spalle, scappare da quel luogo e da quella gente che non fa per noi, e riassaporare la libertà dopo un lungo periodo di prigionia (fossero anche 5 minuti).

Ai prossimi consigli!

OPHELIA

 

OPHELIA

Ophelia, Sir John Everett Millais, 1851, Tate Gallery

Millais era membro della confraternita dei Preraffaelliti, e dipinse questo magnifico quadro che rappresenta la morte di Ophelia, annegata nel fiume Lete dopo aver appreso dell’assassinio di suo padre per mano del suo promesso Amleto (Amleto, W. Shakespeare).

Questo il passaggio preciso dell’opera descritto dal quadro:

‘Le sue vesti, gonfiandosi sull’acqua, l’han sostenuta per un poco a galla, nel mentre ch’ella, come una sirena, cantava spunti d’antiche canzoni, come incosciente della sua sciagura o come una creatura d’altro regno e familiare con quell’elemento. Ma non per molto, perché le sue vesti appesantite dall’acqua assorbita, trascinaron la misera dal letto del suo canto a una fangosa morte’. 

Il pittore aveva effettuato intensi studi sulla natura campestre, qui ritratta magistralmente e scientificamente, per poter inserire nel quadro una serie di simboli iconografici:

Il salice piangente: l’abbandono del proprio amato

I ranuncoli: l’ingratitudine

L’ortica: il dolore

Le margherite: l’innocenza

I nontiscordardimè: il ricordo

La rosa: la bellezza e l’amore

Le violette: la morte prematura

Il papavero: la morte

Da ultimo, oltre al teschio, simbolo di morte, il pettirosso che simboleggia il martirio e un nuovo inizio.

PETTIROSSO

Ed ecco un elenco di fiori con i loro significati. Quando uno di loro ci attira identifichiamoci con quel sentimento (io amo le violette, pensate un po’…)

-ANEMONE: abbandono sentimentale

-AZALEA: aspirazione, gioia d’amare

-BEGONIA: amicizia, cordialità

-CAMELIA: fierezza, riconoscenza, piacere

-CICLAMINO: scoraggiamento, gelosia

-DALIA: novità

-FIORDALISO: delicatezza, onestà

-FIOR D’ARANCIO: pudore, purezza, generosità

-GARDENIA: amore duraturo

-GAROFANO BIANCO: costanza

-GAROFANO ROSSO: ardore, fierezza

-GAROFANO ROSA: tenerezza

-GAROFANO SCREZIATO: rifiuto

-GELSOMINO: timidezza, amabilità

-GENZIANA: tradimento

-GIACINTO: felicità, speranza, benevolenza

-GIAGGIOLO: buone notizie

-GIGLIO BIANCO: innocenza, purezza, maestà

-GIGLIO GIALLO: irrequietezza

-IRIS: fiducia, tenerezza

-LILLA’ BIANCO: amicizia amorosa, giovinezza

-LILLA’ LILLA: prima emozione

-MARGHERITA: indecisione, varietà

-MIMOSA: sicurezza

-MUGHETTO: ritorno della felicità

-MIOSOTIS: “non ti scordar di me”

-NARCISO: vanità, egoismo

-NASTURZIO: disperazione

-NINFEA: dolcezza

-ORTENSIA: civetteria, insensibilità

-ORCHIDEA: ambizione, raffinatezza

-PEONIA: presunzione

-PRIMULA: tenerezza per l’adolescenza

-ROSA BIANCA: amore timido, silenzio

-ROSA CANINA: amore poetico

-ROSA GIALLA: infedeltà, invidia

-ROSA ROSSA: passione

-TUBEROSA: voluttà

-TULIPANO: dichiarazione,amore coniugale perfetto

-VERBENA: incantesimo

-VIOLA DEL PENSIERO: ricordo costante, amicizia reciproca

-VIOLETTA: modestia, amore segreto

TRENO

TRENO

Benché io prenda il treno due volte al giorno da moltissimi anni, e benché non si tratti dell’Orient Express, ebbene non riesco a stufarmene. Questo mezzo mi affascina da sempre, perché è sinonimo di viaggio, di avventura, di conoscenza casuale di persone. Il treno è un mezzo riflessivo ma di grande potenza espressiva; nessuno lo eguaglia nella capacità di produrre immaginazione. E’ la metafora dello scorrere della tua vita per ciò che vorresti vederci, ed è anche lo scorrere di un film, di vicende, di luoghi, di sensazioni.

Il treno che prendo tutte le mattine procede ad una velocità molto ridotta, eppure me lo immagino sfrecciare in grandi praterie. Effettua fermate in stazioni banali, ma io vi ci vedo delle meravigliose città ottocentesche. E’ la potenza del finestrino: vi si guarda attraverso e vi si proietta ciò che vogliamo. Lo scorrere della campagna, anche se di periferia, non è meno romantico che lo scorrere della campagna inglese, basta vederci esattamente ciò che si vuole, lasciandosi cullare dal leggero dondolio delle carrozze, dal ritmo tranquillizzante della ferraglia.

A volte, poi, se riesco a sedermi, apro le pagine del mio libro e mi immergo nella lettura. Capita di percepire, allora, che un vecchio compagno di viaggio mi ha lasciata ed uno nuovo si è seduto proprio di fronte a me. Così, comincio ad osservarlo: il volto, le mani, i dettagli. Comincio ad immaginare che persona possa essere, come sarà la sua vita, in cosa si distingua. Poi, anche lui apre un libro ed io, in preda ad un vizio compulsivo, ne sbircio la copertina. Sarà quella, a decidere tutto. Di rado, il titolo di quel libro mi indurrebbe a chiedergli: ‘Ti va se parliamo del tuo libro? L’ho letto anch’io, sai? Cosa ne pensi di ciò che vi accade?’

A volte, invece, il libro non mi soddisfa, e i pensieri che mi ero fatta di quel nuovo compagno di viaggio si dissolvono improvvisamente. Così, torno a guardare fuori dal finestrino, e allo sfrecciare di un altro treno accanto al mio, in senso opposto, mi trovo ad incrociare nuovi sguardi e a rimettermi nuovamente ad immaginare di tutto.

ABIURA

GALILEO

22 giugno 1633

Sentenza degli inquisitori:

‘Diciamo, pronunziamo, sentenziamo  e dichiariamo che tu, Galilei sudetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S. Off.° veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch’il Sole sia centro della Terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la Terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un’opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dei sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li sudetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma che da noi ti sarà data’.

Risposta di Galilei, in ginocchio davanti ai cardinali della Congregazione:

‘Pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d’ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla Santa Chiesa; e giuro che per l’avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonzierò a questo S. Offizio, o vero all’Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò’.

Caro Galileo, sapevi di avere ragione. Non preoccuparti per aver accettato questa umiliazione, è il prezzo che i pensatori d’avanguardia pagano regolarmente; ti ringrazieremo sempre per ciò che ci hai permesso di conoscere, e per aver tentato di scardinare l’ottuso pensiero dominante dell’epoca.

INTELLIGENZA

INTELLIGENZA DELLE SPECIE

Mi domando se sia giusto sostenere che l’uomo sia per definizione il più intelligente del pianeta. Penso piuttosto che l’uomo, essendo dotato di certe caratteristiche e volontà, tra cui il desiderio di competere e di dominare sul prossimo, abbia stabilito che fosse così. Di fatto, la scienza ha sempre cercato di studiare le altre specie animali, in cerca di segnali per affermare eventualmente che l’una o l’altra specie fosse più intelligente di quanto l’uomo si aspetterebbe. Il giudizio, quindi, è sempre il nostro, e non verrà mai detto che una specie sia, un giorno, ritenuta più intelligente dell’uomo stesso. Il fatto è che non desideriamo, in fondo, realmente saperlo, e gli esperimenti che conduciamo mirano a comprendere se il cervello di altri sia in rapporto più grande del nostro, se essi assumono comportamenti simili ai nostri, se possono avere dei sentimenti che ricordino i nostri. Cioè: noi siamo il punto d’arrivo, e semmai le altre specie possono dimostrare di essere meritevoli di somigliarci. Non siamo proprio capaci di prendere solo atto che le altre specie abbiano la loro straordinaria intelligenza e le loro straordinarie abilità, e sentimenti, a prescindere da qualunque somiglianza! Noi dobbiamo classificare tutto, stabilire una gerarchia su tutto, quelli di serie A e quelli di serie B. Deve essere proprio una malattia che ci appartiene. Del resto, tanto abbiamo deciso che le altre specie siano per noi cibo, forza lavoro, gioco. Ma se, invece, esistessero altre forme di intelligenza, altri sentimenti a noi sconosciuti, comportamenti che l’uomo non sarebbe in grado di intraprendere e che non è in grado di studiare nell’altro? L’umanità ha un certo livello medio di intelligenza, ma il livello di alcuni è molto al disotto della media; essendo al disotto della media, è anche al disotto dell’intelligenza di altre specie, per ciò che già ci è noto. Chiunque di noi conosce almeno una persona di una stupidità disarmante, mentre in natura nessun animale è mai stupido. Sempre che ‘stupido’ sia il termine corretto. Ma l’uomo ritiene stupidi tutti quegli esseri che non hanno la sua forma. Ed è pensando così che egli stesso diviene stupido, non alzando lo sguardo da se stesso e con la solita presunzione che le altre specie non hanno.