Mandala

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Amo molto le attività manuali, sia quelle più materiali o materiche che quelle più artistiche, e trovo che siano una delle tante forme di meditazione, di introspezione, di ascolto. In quelle ore, sono solo io con i miei pennelli, con i colori da miscelare per trovare l’accordo perfetto, con un ricamo. Sono io con i miei ritagli di stoffa o con i materiali raccolti durante l’anno: le foglie rosse d’autunno, i ramoscelli e i sassi, i fiori essiccati tra le pagine di un libro, le piume. E’ uno stato yogico, di connessione con Dio. Non è del tutto importante ciò che si crea, quanto l’atto in sé del creare. La mente si schiarisce, le virtù emergono: la pazienza, la calma, l’osservazione, la riflessione. Talvolta, mentre lavoro, ascolto un film. Scelgo, in questi casi, film che amo e che ho già visto più volte, perché non potrei seguirne la visione ma posso ascoltare le sfumature dei dialoghi, le pause, le musiche. In un film, si sa, ci sono molti piani da apprezzare. Capita, però, che m’incanti a seguirne una parte; essendo un film che conosco, aspetto che arrivi quella determinata scena. Allora mi fermo e me la gusto ma, poi, riprendo il mio lavoro. Altre volte ascolto musica: dei mantra o il suono del temporale, oppure Mozart, o Bach. Cerco di creare un’armonia tra l’opera, i materiali e la tecnica, e la tipologia di musica. Anche il film non può essere dissonante rispetto a ciò a cui sto lavorando e allo stato d’animo.

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Mi piace, fondamentalmente, la solitudine. Mi sono circondata di persone che sanno comprendere i silenzi. Sanno rispettarli e li praticano al tempo stesso. Non è affatto necessario che ci si parli in continuazione, chi l’ha detto? Si può restare in silenzio a godersi un solo sguardo d’intesa, in uno spazio proprio e sacro in cui, per entrare, occorre che altri bussino. Si può parlare con i pensieri, comunicare sul serio e nel profondo. Anche i miei amici sono così: creativi. Mi mostrano le foto dei loro lavori con orgoglio, solitari anch’essi. Eppure, quando li penso mi chiamano all’istante o mi scrivono, ed è la potenza della vera connessione.

A casa, dunque, basta essere soli e prendere un foglio. Immaginarsi di fluttuare nello spazio e catturare forme che sono lì per noi, per essere ammirate.

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Basta disegnare qualcosa soprattutto se si pensa che non esista davvero, ma solo ipotizzando che esista. E’ una grande apertura mentale, direi un’apertura alare che ci fa volare tra quei vortici e quelle geometrie sacre, essi stessi oggetto di meditazione. Occorre dimenticare ogni capacità acquisita ed ogni giudizio sui nostri talenti; semplicemente, sapere di poter produrre qualunque cosa lasciando che la nostra capacità visionaria sia da noi stessi legittimata. Si creerà qualcosa di nostro, avremo parlato senza parlare. Avremo nutrito l’anima, la nostra parte autentica. Lei ci ringrazierà.

Rientro

FINESTRE

Ed ora mi tocca rientrare al lavoro e spero che nessuno mi chieda se mi sono riposata, o mi faccia le solite inutili domande.

No, non mi sono riposata molto, però ho fatto diverse cose che desideravo fare.

Leggere: moltissimo;

Scrivere: anche;

Svegliarsi presto al mattino per godere delle prime luci: meno di quanto avrei voluto;

Andare a letto tardissimo: più di quanto avrei voluto;

Chiacchierare: a volte troppo;

Pensare: ovviamente;

Ascoltare musica: si, bretone;

Osservare e meditare: molto;

Restare in silenzio e scatenare la mia creatività: davvero tanto;

Acquarellare: si;

Ascoltare e guardare le piogge estive: tantissimo;

Approfondire: molto, soprattutto temi sulla questione animale;

Seguire la crisi di governo: zero.

Seguire le crisi del Pianeta, gli incendi, le devastazioni: si, purtroppo, ma ho anche preso delle decisioni in merito.

Dipingere: un casino.

Dato che le persone che mi vedono spesso, notano che mi vesto molto di nero (quasi sempre, in effetti), sappiano che, invece, quando si tratta delle mie case io esagero nei colori. Pitturare oggetti, togliere loro il grigiore e l’anonimato e renderli ridenti di colore, è una mia passione. Fosse per me andrei in giro a dipingere l’intero paese, anzi un giorno comincerò a farlo: portoncini blu, panchine azzurre, staccionate lilla, e fiori a profusione. Dipingerei anche gli asfalti, magari di rosa cipria, e tutti i cancelli di fucsia. E allora: perché lasciare che le porte del mio fienile restino di color marrone, quando si potrebbero colorare di lilla? E perché le finestre, anziché di bianco o di grigio, non dovrei dipingerle di color pervinca? Questo è ciò che ho fatto, insieme ad altri lavori. Poi, il solito giro in discarica per buttare quanto accumulato recentemente. Ma, questa volta, con lo sguardo basso e senza lasciarmi tentare dai grandi container dove la gente butta i mobili interi: tavolini, comodini, sedie, e poi l’angolo degli strumenti elettrici, dove talvolta si può trovare qualche lampada da reinventare. No, mi sono detta, quest’anno non mi porto a casa nulla, o resterò sepolta di cose da restaurare e dipingere per i prossimi dieci anni. Mi devo dare una regolata. Ho portato a casa, però, 4 seggioline di legno troppo piccole per sedervisi, a meno di non essere dei nani, e so già cosa farne e come decorarle. Da questa casa porto oggetti nell’altra, dall’altra porto oggetti in questa, è un continuo spostare, un continuo riposizionare. Le due case si parlano attraverso la mia inquietudine.

E poi, liste di cose da fare, cose da progettare, gente da incontrare, corsi a cui iscriversi, e viaggi, e gite, e occasioni, e ancora lavori, e letture, e ascolti, e intenzioni. Liste e liste che ho riordinato una volta a casa. Non ho mancato di tirare le somme rispetto alle liste dello scorso anno, e devo dire che sono riuscita a centrare quasi tutti gli obiettivi e i desideri. Non male, mi sono fatta i complimenti da sola.

Samurai

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Mi piace vedere e rivedere alcuni film per me meravigliosi, che parlano di valori quali lealtà, amicizia, onore, rispetto. Soprattutto quando, di percepire questi valori, ne ho bisogno. Mi piace quando in mostra ci sono grandi anime, la grandezza di alcuni che si distinguono per i propri principi, la propria passione, il proprio codice. Insomma: ho un debole per questo genere: storie epiche, grandiose, in cui ritrovo i valori che stento a trovare nella realtà. In questi film mi rifugio, lotto con i protagonisti (qui un superbo Tom Cruise e un Samurai di una rettitudine, di una possenza e di una sensualità da urlo). Piango per loro, applaudo all’Imperatore del Giappone per la sua grande consapevolezza di ciò che conta. Scarico la colonna sonora, anch’essa un capolavoro, e me l’ascolto andando al lavoro. Un film da guardare e riguardare mille volte.

Spegnendo il lettore dvd con le lacrime agli occhi, poi, sono passata automaticamente alla tv e al solito talk show con le solite facce e i soliti concetti ad un livello rasoterra. Mi è venuto il vomito, il passaggio è stato troppo brusco per la mia sensibilità e non ho potuto sopportarlo. Ho spento in 5 secondi netti. Volevo continuare a sognare perché, lo so, sono un’idealista e voglio sognare, voglio trovarmi tra quella gente del film, sono un’idealista convinta, voglio esserlo e me ne vanto. Nessun talk shaw, nessun stupido programma mi farà scendere dalle mie alte vette. Sarò anch’io un ultimo Samurai.

SAMURAI 2

L’ALBA

ALBA

L’alba: quel preciso e magico momento che reca con sé il risveglio, la rinascita, ciò che ancora non è accaduto, il raccolto della nostra semina. La amo da impazzire, insieme al tramonto che però ha tutt’altro significato. Nonostante la sua vocazione di rinascita, porta comunque con sé un che di malinconico, ed io me ne accorgo quando la vivo stando immersa nella natura. Allora, così come al tramonto molte specie animali escono allo scoperto dopo esser rimaste nascoste per tutto il giorno, e iniziano il loro lavorio notturno consapevoli che avranno un tempo preciso per svolgerlo, è al momento esatto dell’alba che esse tornano all’unisono a rintanarsi, per lasciare spazio ai loro amici diurni. Ciò che per alcuni si definisce tramonto, per altri si definisce alba. E’ comunque un inizio e una fine al tempo stesso, un passaggio di testimone tra chi riposa e chi veglia. Il giorno e la notte, la luce e il buio, la voce e il silenzio.

Il tramonto porta un sospiro, un rimpianto, un’occasione perduta; a lui si affidano i nostri ricordi, le nostre lacrime, il nostro saluto. L’alba, invece: lei ci dice di non temere, è una lunga mano sul nostro capo e ci accompagna in un nuovo spiraglio di vita. A lei ci affidiamo.

 

Ecco un brano con cui godere dell’alba: Kokin Gumi, Flowers.  

Erik Satie

ERIK SATIE
Ed eccomi a scrivere anche di musica, cominciando da un compositore francese, eccentrico e innovativo. Molto innovativo.
Erik Satie, vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900, ha frequentato pittori e poeti d’avanguardia e, come tutti loro, provava un senso di fastidio verso l’insegnamento e l’ambiente accademico, limitante e invasivo. Quello stesso ambiente accademico che non riconosceva in lui alcun talento, perché il talento veniva interpretato come la capacità di saper svolgere magistralmente qualcosa di già visto, di già prodotto.
Molti suoi brani sono rabbiosi e rumorosi, volutamente, ma quelli a cui io alludo – e sono famosissimi – mi fanno raggiungere quella parte di me più autentica. Le tre Gypnopedie che inserisco sono brani di un livello altissimo; niente virtuosismo, ma una ricerca della nota perfetta, per suscitare sentimenti molto intensi, di malinconia, di tristezza, di assoluto. Accordi in minore che toccano l’anima.
Eccole:

Oltre a queste, ha composto la serie delle Gnossienne, di cui pubblico le prime 6. Spesso le persone scappano dalle situazioni malinconiche; io, invece, che ho un animo romantico, non posso che nutrirmene.