Altri mondi

drake-equation

Nel 1961 l’astronomo e astrofisico Frank Drake sviluppò l’equazione che prese il suo nome.

Dunque vediamo:

Se

R* – è il tasso di formazione stellare nella Via Lattea

fp – la frazione di tali stelle che possiede pianeti

ne – il numero medio di pianeti (o satelliti) per sistema planetario che presentano condizioni potenzialmente compatibili con la vita

fl – la frazione di essi che effettivamente sviluppa la vita

fi – la frazione di essi che effettivamente sviluppa vita intelligente e fc – la frazione di essi che è in grado e decide di comunicare

L – la durata media della fase comunicativa di ognuna di queste civiltà

Otteniamo che, applicando questa famosa equazione alla nostra sola galassia, potrebbero esserci almeno 23 civiltà extraterrestri in grado di comunicare con noi.

Ma successivamente a quegli anni, questa controversa equazione è stata ricalcolata più e più volte, fino a stabilire che le civiltà potrebbero essere addirittura oltre 4.000.

E allora perché, come ebbe a notare Fermi, nessuna di esse entrerebbe in contatto con noi? Personalmente credo che la risposta non stia nella scienza (tanto per cambiare), che –  in ogni caso – non dispone di alcuna tecnologia adatta per stabilire un contatto o per riceverlo; soprattutto, non andrebbe cercato ciò che si pensa di concepire e di trovare, ovvero un’esatta replica di noi stessi, del nostro noto e di ciò che noi consideriamo come vita.  Gli altri mondi, invece, sono realtà in cui le anime si incarnano secondo proprie esigenze evolutive, e sono descritti negli antichi testi di tutte le più antiche civiltà. Domande come quanto distino da noi, che linguaggio parlino, che aspetto abbiano, se pratichino l’agricoltura o utilizzino sistemi binari, che senso hanno se non restringere la nostra capacità di percezione agli stretti binari della nostra piccola conoscenza?

Per concepire qualcosa che non conosciamo, dobbiamo inchinarci all’idea che esso, semplicemente, esista senza una nostra misurazione, senza una verifica sperimentale o un’equazione; e riconoscere che il momento della conoscenza avverrà solo quando ci sarà consentito. Non sarà mai un telescopio a determinare un avanzamento dell’uomo, ma la sua umile domanda.

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