Mese: gennaio 2020
Se le grandi civiltà hanno riempito il mondo di svastiche, ebbene dovremmo tutti reclamare il diritto di guardare a quel simbolo per la sua potenza rigeneratrice, per la connessione che ci offre con noi stessi, e riportare ordine ai significati veri, quelli che ricollocano l’uomo alla sua vera altezza, alla sua vera aspirazione.
La luce negli occhi
Un gruppo di esperti si era riunito, nel lontano 1972, a Windsor, nell’Ontario, per discutere i problemi connessi al tentativo di definire quale sia l’esatto momento della morte, cioè quale elemento più di altri determini quell’istante. Tra i membri del gruppo, oltre che un giudice della Corte Suprema ed altre importanti personalità, vi partecipava il Dott. Wilfred G. Bigelow, cardiologo di fama mondiale. Il dottor Bigelow, sosteneva l’esistenza dell’anima e incoraggiava una ricerca sistematica per determinare cosa sia e da dove provenga. Per lui, la questione rivestiva enorme importanza nell’era dei trapianti, perché l’espianto di cuore e di altri organi viene effettuato sui donatori la cui morte è inevitabile ma non ancora accertata. Bigelow disse che i suoi trentadue anni di pratica chirurgica gli avevano tolto ogni dubbio sull’esistenza dell’anima, avendo lui stesso osservato misteriosi cambiamenti nell’esatto passaggio dalla vita alla morte. Uno dei più visibili, è l’improvvisa assenza di luce negli occhi, che diventano improvvisamente opachi e spenti.
L’anima, che non è precisamente localizzabile, pervade il corpo. Non è solo un’energia che ci occorre per svolgere la vita terrena, ma siamo esattamente noi, un’anima con un corpo in prestito. Non a caso si dice, di un defunto, che ‘se ne è andato. Ma se il suo corpo è lì, sotto i nostri occhi, cos’è dunque che è andato? Quella luce è negli occhi, e tutti noi la possiamo riscontrare nei nostri e in quelli degli altri, animali compresi. Non si chiamano ‘animali’ a caso, ma proprio perché sono altre creature dotate di anima, qualunque sia la loro specie di appartenenza e il loro aspetto. Dobbiamo guardare ogni creatura vivente come un’anima con un corpo diverso dal nostro ma che percorre lo stesso cammino. Se cominciamo a farlo, cercando nei loro occhi quella luce, ce ne renderemo perfettamente conto e non vorremo più procurare loro alcuna violenza, né fare del loro corpo cibo per noi. Non vorremmo spezzare la loro vita impedendo alla loro anima di proseguire il cammino per mano nostra.
Questi occhi, di svariati animali, e poco importa chi siano. vanno guardati con profondità, per capire quanto essi abbiano la stessa luce che desideriamo riconoscere nei nostri occhi o in quelli di chi ci è più simpatico. Ce l’hanno tutti, quella luce, hanno tutti un’anima, il bene più prezioso, l’unico vero dono ricevuto. Davvero dobbiamo straziare i loro corpi?
Caro Inverno
La danza della neve
Sui campi e sulle strade
silenziosa e lieve
volteggiando, la neve
cade.
Danza la falda bianca
nell’ampio ciel scherzosa,
Poi sul terren si posa
stanca.
In mille immote forme
sui tetti e sui camini,
sui cippi e sui giardini
dorme.
Tutto d’intorno è pace;
chiuso in oblio profondo,
indifferente il mondo
tace.
Ada Negri
Neve
Neve che turbini in alto e avvolgi
le cose di un tacito manto.
Neve che cadi dall’alto e noi copri
coprici ancora, all’infinito: imbianca
la città con le case, con le chiese,
il porto con le navi,
le distese dei prati…
Umberto Saba
Il pupazzo di neve
Nella notte dell’inverno,
galoppa un grande uomo bianco.
E’ un pupazzo di neve
con un pipa di legno
un grande pupazzo di neve
perseguitato dal freddo.
In una piccola casa
entra senza bussare
e per riscaldarsi
si siede sulla stufa rovente
e sparisce d’un tratto
lasciando solo lo sua pipa
in mezzo ad una pozza d’acqua
ed il suo vecchio cappello.
Jaques Prevert
L’albero nudo
Un albero nudo
fuori della mia finestra
solitario
leva nel cielo freddo
i suoi rami bruni.
Il vento sabbioso la neve il gelo
non possono ferirlo.
Ogni giorno quell’albero
mi dà pensieri di gioia:
da quei rami nudi
indovino il verde che verrà.
Wang Ya-Pung
Altri mondi
Nel 1961 l’astronomo e astrofisico Frank Drake sviluppò l’equazione che prese il suo nome.
Dunque vediamo:
Se
R* – è il tasso di formazione stellare nella Via Lattea
fp – la frazione di tali stelle che possiede pianeti
ne – il numero medio di pianeti (o satelliti) per sistema planetario che presentano condizioni potenzialmente compatibili con la vita
fl – la frazione di essi che effettivamente sviluppa la vita
fi – la frazione di essi che effettivamente sviluppa vita intelligente e fc – la frazione di essi che è in grado e decide di comunicare
L – la durata media della fase comunicativa di ognuna di queste civiltà
Otteniamo che, applicando questa famosa equazione alla nostra sola galassia, potrebbero esserci almeno 23 civiltà extraterrestri in grado di comunicare con noi.
Ma successivamente a quegli anni, questa controversa equazione è stata ricalcolata più e più volte, fino a stabilire che le civiltà potrebbero essere addirittura oltre 4.000.
E allora perché, come ebbe a notare Fermi, nessuna di esse entrerebbe in contatto con noi? Personalmente credo che la risposta non stia nella scienza (tanto per cambiare), che – in ogni caso – non dispone di alcuna tecnologia adatta per stabilire un contatto o per riceverlo; soprattutto, non andrebbe cercato ciò che si pensa di concepire e di trovare, ovvero un’esatta replica di noi stessi, del nostro noto e di ciò che noi consideriamo come vita. Gli altri mondi, invece, sono realtà in cui le anime si incarnano secondo proprie esigenze evolutive, e sono descritti negli antichi testi di tutte le più antiche civiltà. Domande come quanto distino da noi, che linguaggio parlino, che aspetto abbiano, se pratichino l’agricoltura o utilizzino sistemi binari, che senso hanno se non restringere la nostra capacità di percezione agli stretti binari della nostra piccola conoscenza?
Per concepire qualcosa che non conosciamo, dobbiamo inchinarci all’idea che esso, semplicemente, esista senza una nostra misurazione, senza una verifica sperimentale o un’equazione; e riconoscere che il momento della conoscenza avverrà solo quando ci sarà consentito. Non sarà mai un telescopio a determinare un avanzamento dell’uomo, ma la sua umile domanda.
Il viaggio delle anime
Il Dott. Michael Newton è uno psicologo ipnoterapista che, nei molti anni di pratica clinica, ha utilizzato l’ipnosi per ricercare le origini di traumi infantili nei loro pazienti. A partire dalla storia emersa da uno di loro, un giovane che era stato un soldato morto in Francia, lo psicologo ha cominciato ad indagare – attraverso l’ipnosi regressiva – le loro vite precedenti. In effetti, molti disturbi, tracce somatiche, ossessioni, traumi, sono da ricondurre alle vite già compiute e per nulla all’infanzia.
Il superconscio, infatti, è in qualche modo la sede della nostra vera identità, ossia ospita i vissuti dell’anima e li mantiene segreti al falso ego. E’ però possibile che qualche paziente possa inquinare inconsapevolmente le sue narrazioni con ricordi o desideri recenti, influenze ricevute o aspetti dell’inconscio. Possono quindi esserci dei falsi, parziali o totali, ma ciò non toglie validità alcuna alle migliaia e migliaia di testimonianze raccolte da tempo. Chi ha piena consapevolezza di ciò che realmente è e di quale sia il suo vero cammino e la sua vera ragione di essere, è perfettamente in grado, in questa stessa vita, di cogliere moltissimi segni di trasmigrazione in ogni anima che incontra. Io li trovo spesso e sono perfettamente intellegibili. A volte sconcertanti.
Questo libro, di cui consiglio vivamente la lettura a chi desideri conoscere il vero sé, potrebbe lasciare sconvolti alcuni lettori. Io ho provato una forte attrazione verso le realtà narrate, il desiderio di volerle rivivere di nuovo, di essere proprio là. Le 29 testimonianze raccolte dal Dott. Newton, infatti, pur essendo di pazienti diversi per età e provenienza, e del tutto estranee tra loro, raccontano le stesse cose, gli stessi luoghi di approdo tra un’incarnazione e l’altra, gli stessi momenti, le stesse forti sensazioni.
Leggendo questo libro si desidera lasciare il corpo e tornare lì, nella vera casa, dove spesso siamo già stati ma dove tutto avviene come la prima volta.
Nel libro si descrive cosa accada all’anima al momento in cui lascia il corpo, e cosa avviene alle anime che hanno subito una morte violenta e improvvisa, e ancora perché sui volti dei defunti appaia un ultimo sorriso. Descrive il ritorno a casa e chi vi si trova ad attenderci, ed anche il ruolo delle anime guida che ripercorrono con noi la nostra vita e ci aiutano a comprendere se quelle lezioni che dovevamo apprendere sono state apprese. E’ il bardo, quello spicchio temporale di cui parla anche il Libro Tibetano dei Morti in cui si tirano le somme prima della successiva incarnazione. Non saremo al cospetto di un giudice, ma saremo noi i giudici di noi stessi. In realtà non si tratta di tempo vero e proprio, tutto accade ad un livello energetico al di fuori del concetto temporale per come lo conosciamo, ma è una pausa in cui si prende atto e si stabilisce cosa fare dopo. Nel libro è definita anche la differenza tra anime giovani e anime antiche: coloro che si interessano di spiritualità e si fanno domande su domande, indagano e scrutano le stelle, sono anime antiche che hanno alle spalle moltissime incarnazioni. Ma varrà la pena trattare a parte l’argomento, compreso come fare per distinguere, quando la incontriamo, un’anima giovane da una più o meno vecchia. Vi sono comunque dei livelli di avanzamento, una sorta di classi tra le quali si passa dopo il superamento di determinate esperienze e dopo aver appreso precise leggi. Avviene dunque la scelta del nuovo corpo, delle nuove sembianze e non necessariamente umane. Avviene la scelta dell’epoca e dell’area geografica, e ovviamente non si intende una scelta ‘turistica’ ma bensì concordata con l’anima guida in virtù del nostro karma, di ciò che dovremo risolvere e di nuovo apprendere. La scelta può deliberatamente ricadere sul corpo di una persona che condurrà una vita tragica, o misera, oppure in un bambino che morirà ancora piccolo. E’ tutto stabilito e concordato a priori. E infine la rinascita, entrando in un piccolo feto all’incirca verso il suo quarantesimo giorno di vita e che, in alcun modo, andrà ucciso; ma anche questo sarà oggetto di approfondimento. Da leggere, dunque, se si desidera darsi delle risposte, vivere conoscendo le leggi, morire sapendo.
Nutrire
Si chiama empatia e ci sarebbe da parlarne per ore, anche per tutte quelle volte in cui non è ben riposta negli altri. Quando, però, gli altri sono creature innocenti, allora è sempre ben indirizzata, perché genera gioia e felicità. La facoltà di accorgersi, di mettersi nei panni di ogni singola creatura di questo Pianeta, di immaginare i suoi bisogni e le sue difficoltà, è una dotazione che non tutti hanno mentre andrebbe sviluppata sin da bambini.
Durante i periodi freddi, gli uccellini selvatici hanno bisogno di una mano da parte nostra, di quell’uomo che ne riconosce l’utilità per mangiarseli o per chiuderli in gabbia. Ma cosa c’è di più bello nel preparare per loro delle palline da appendere agli alberi, anche in città, o ad un terrazzo, e di appostarsi per osservarli mentre vi si avvicinano poco alla volta, chiamandosi tra loro, mentre assaggiano timidi i primi semi? Un gesto del genere apre il cuore, ti fa sentire in alto, in quella dimensione in cui i soliti discorsi sui cenoni non vengono trattati, o le compere, o le vacanze ad ogni costo. Tutto questo non serve a nulla, non sposta nulla, nemmeno una virgola di felicità in più arriverà a te attraverso un acquisto o una festività qualunque. Nemmeno una vacanzina ai Caraibi (uno dei tanti cliché), perché sei sempre tu e non sono mai un luogo o una cosa a poterti rendere felice. Nutrire quegli esseri, ed osservarli mentre cinguettano salutandoti, invece si. Ti colma di gioia, senti di essere in loro, di volare con loro, di averli aiutati a superare quel freddo e di immaginare che potranno costruire i loro nidi e deporre le loro uova ancora una volta, senti di aver fatto davvero parte di un grande disegno in cui non ci sei solo tu.
Ho impiegato un’oretta circa ad appendere le palline su svariati rami di peri e di meli, mischiando le tipologie perché trovassero di tutto su ogni albero. Ho trascorso diverse ore mattutine ad osservarli, e la sensazione era sempre la stessa, di eternità, di trascendenza.
Ecco una ricetta facile per palline casalinghe:
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Margarina
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Biscotti secchi
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Arachidi sgusciate (non salate)
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Semi di girasole
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Uvetta