Pubblicità

PUBBLICITA'

Ci ha invaso l’esistenza ad un livello ormai insopportabile e immorale. Fino a poco tempo fa, a casa mia esisteva una regola: quando appariva il blocco pubblicitario, durante un film, era d’obbligo cambiare canale per non sorbirsi tutto ciò che volevano farci sorbire. Poi, gli scienziati hanno introdotto il principio per cui i blocchi pubblicitari sarebbero partiti all’unisono in tutti i canali principali, e questo, benché le televisioni fossero in concorrenza tra loro, la dice lunga sulla capacità di mettersi d’accordo quando gli interessi sono alti. Così, impedita la possibilità di cambiare canale, abbiamo cominciato ad alzarci per fare altro, ma – sempre gli scienziati – si sono inventati gli spot ad un volume più elevato per raggiungerci anche dal vicino di casa. Da ultimo, ci siamo difesi abbassando totalmente il volume per guardare i protagonisti degli spot come dei pesci in un acquario. Perlomeno non si sentivano le cretinate che avevano da propinarci. Oggi ho praticamente rinunciato alla tv; guardo solo qualche film o documentario. Ma ho trovato il miglior modo per difendermi dagli spot pubblicitari. Come dire che, se il nemico esiste, tanto vale affrontarlo vis-à-vis. Il sistema consiste nel guardarli con attenzione, diciamo da studiosa, per smontarli. Così, le famiglie del Mulino Bianco, impossibili nella realtà, diventano gruppi di idioti dal sorriso stampato. Basta immaginarsi quei soggetti nella realtà, ed ecco che i due si detestano bellamente, si tirano dietro il cestino delle brioche, anziché passarselo sorridenti di prima mattina, totalmente privi di pensiero alcuno. Queste famiglie hanno figli biondi con gli occhi azzurri, vivono tra le colline di non si sa quale paese, in una villa con prato all’inglese, cane annesso, e vanno al lavoro in bicicletta (se lavorano). E’ pubblicità ingannevole, come tutta la pubblicità, ma non lo è solo perché ti presenta la brioche perfettamente farcita che mai corrisponderà al prodotto che troverai al supermercato, ma soprattutto per l’idealizzazione del reale. Così, quel 99% di popolazione che non abita tra le colline, non ha figli biondi con gli occhi azzurri, né cane felice che scorrazza in una villa con prato all’inglese, non potrà che sentirsi sfortunato e inadeguato. Ed ecco, allora, che Facebook funge da compensatore: mettiamo anche noi una foto perfettamente riuscita in un angolo d’erba che potrebbe far pensare ad un intero parco, o in un fazzoletto d’acqua che potrebbe ricordare l’Oceano Indiano. Giusto?

No, sbagliato.

Quella gente degli spot va invece presa per il c…o. Non è il 99% della popolazione a doversi sentire inadeguata, sono loro che stanno recitando una parte che non esiste nella realtà. Nessuna famiglia è così, e se lo fanno credere, beh non credeteci. Sicuramente, finito lo spot, vanno dallo psicanalista, sono depressi, si cornificano ma stanno insieme per la facciata sociale e l’unico dialogo che hanno è per stabilire dove andare in vacanza. Siamo sicuri di voler diventare come loro?

Film consigliato: Pleasentville (1998), perfetta ricostruzione della famiglia del Mulino Bianco che, come da manuale, si scioglie come neve al sole.

YULIN

CANE

Scegliete un cane, magari in un canile, rimanendo colpiti dal suo sguardo e decidendo che lui è per voi, che le vostre vite si sono intrecciate. Trascorrete con lui molti anni della vostra vita. Guardatelo negli occhi, parlategli, percepite la sua sensibilità, la sua adorazione per voi, la sua fedeltà. Sentite i suoi sentimenti, prendetevi cura di lui, passeggiate insieme, educatelo, permettetegli di farvi compagnia, di attendervi tutte le sere, vaccinatelo e curatelo fino all’ultimo. Condividete con questo essere moltissimo tempo, moltissimi stati d’animo, la vostra stessa esistenza. Amatelo al punto che piangerete al momento della sua scomparsa, accarezzandolo. Conservate le sue foto e fatevi venire un magone quando vi tornerà in mente, ringraziandolo per esserci stato.

Ora prendete moltissimi cani, ognuno dei quali potrebbe essere lui. Migliaia e migliaia di cani (e gatti) allevati allo scopo o rubati ai proprietari. Ingabbiateli ammassandoli tra loro e senza nemmeno sfamarli o dissetarli. Ad un certo punto, umiliateli con bastonate e cappi al collo, poi uccideteli nei modi peggiori, completamente insensibili alle loro urla, ognuno di loro di fronte agli altri che vi assistono. Gettateli nell’acqua bollente. Macellateli e passate sui loro corpi la fiamma ossidrica, come ulteriore spregio. Fatevi dei selfie avendo queste scene come sfondo. Poi, fateli a pezzi e mangiateli.

Migliaia di cani ogni anno fanno questa fine a quella vergogna per l’umanità che è il Festival della carne di cane di Yulin. Questa mattanza deve essere fermata, perché è quanto di più infame possa essere compiuto. Pratiche come questa, e purtroppo nel mondo ce ne sono troppe, ci riportano agli albori dell’evoluzione, ci annientano come uomini, negano la nostra stessa dignità. Le manifestazioni nel mondo, contro questo orrore, sono moltissime e anche in Italia. Ma la Cina se ne frega, benché anche lì il sentimento animalista stia crescendo negli anni e molti cinesi si stiano battendo per abolire questo abominio.

Mandiamo una mail all’ambasciata, scendiamo in piazza, sosteniamo le associazioni che si recano in Cina. Serve un processo culturale inverso, serve un cambio generazionale, occorre attendere purtroppo, che ancora molti cani facciano quella fine prima di vedere qualcosa di diverso. Qui, intanto, si parla del Grande Fratello (la trasmissione, ovviamente).

Un pomeriggio qualunque

Mi ero detta che dovevo distrarmi un po’, perché ne avevo bisogno. Così, sono uscita un’oretta prima dal lavoro e la mia intenzione era di fare un giro in centro (a Milano) e andare per negozi per una volta senza fretta. Ma la pratica dello shopping non mi è mai piaciuta. E’ quella pratica, molto ma molto diffusa, per cui si va in giro in genere nelle vie più gettonate della città, e si entra in negozi sovraffollati. Giuro di averci provato, ma un senso di nausea ha subito preso il sopravvento. Nausea nel non riuscire a camminare senza dover deviare percorso ad ogni passo e a causa della folla. Nausea per le musiche assurde dei negozi che martellavano in testa, nausea per queste tonnellate di abiti buttati da ogni parte, che avrebbero potuto vestire un’intera povera nazione. Nausea per tutto. In cinque minuti avevo cambiato idea e mi sono diretta al Duomo in cerca di pace. 

E lì……

E’ bastato un passo e tutto è cambiato. Mi sono trovata nel silenzio totale, spezzato solo dai passi di singole persone. Poche. Pochissime anime in cerca di un luogo tranquillo in cui ritrovarsi, di cui ammirarne la storia e il significato religioso, in cui dire una preghiera. Un luogo immenso e totalmente vuoto, che mi ha fatto un grande effetto a causa del netto contrasto con l’esterno; fuori, si aveva l’impressione che migliaia di automi sfrecciassero qua e là per comprare, inebetiti da colori e musiche. Qui, il silenzio ti chiedeva di ricongiungerti a Dio. Ho scelto questo, e vi sono tornata altre volte con lo stesso effetto. Ho osservato a lungo i volti delle persone, ciascuna aveva qualcosa da chiedere, o di cui essere grata, in ciascuna c’era del dolore. Era quella, la vita vera, di chi magari non ha avuto tutto eppure sapeva di cosa aveva bisogno. Di un senso, di un ascolto, di una parola, di un cenno, del silenzio. E in quel luogo lo stava trovando. Ho pregato anch’io, e quando sono uscita ero completamente rienergizzata, serena, leggera. La preghiera serve a questo: a riallinearti con la tua fonte, ed io non avevo più bisogno di altro. Al diavolo lo shopping!

Ricordi

RICORDI

Un tempo c’era la pellicola fotografica; il numero di foto che ci si poteva scattare con ogni rullino era limitato, 12 o 24 se non ricordo male. Si sceglievano i momenti con attenzione, quando si era in vacanza o a qualche compleanno. Ci si metteva tutti insieme e si chiedeva a qualcuno di farci lo scatto. Potevi uscire male, in quella foto, e lo scoprivi dopo. Oppure si trattava di fotografare un paesaggio, un tramonto, da conservare come prezioso ricordo di un’emozione.

Tornati a casa, si portavano a far sviluppare i rullini e si attendevano i giorni necessari con una certa ansia.  Perché si era in attesa di rivivere quei momenti, di rivedere il volto del fidanzatino estivo catturato in uno scatto, perché eravamo rientrati a casa e stavamo già perdendo l’abbronzatura di quei giorni, avevamo salutato quei luoghi, eravamo in preda alla malinconia.

Una volta ritirate le foto, si divoravano velocemente una dietro l’altra, forse più con un senso di quel tempo andato per sempre, quel momento che non sarebbe più ritornato. Alcune foto, invece, ci strappavano una risata, ma sempre con un fondo di tristezza. Guardavamo la situazione divertente e ridevamo, ma sapevamo che quella situazione divertente, quelle persone, quei giorni, erano andati. Al massimo, si riguardavano le foto pochi giorni dopo il rientro, quando – tra amici o parenti – ci si incontrava per raccontarci le rispettive vacanze. Eravamo onesti, in quel tempo. Nessuno si sarebbe sognato di voler generare invidia nell’altro: nessuna iperbolica descrizione, nessun luogo fantascientifico, nessuna roba da ricchi. Si andava al mare in luoghi semplici, si trascorrevano dei giorni dai nonni, con decine di cugini e zii, si tornava sereni e appagati e non si desiderava affatto competere. Alla fine, quelle foto venivano inserite in una scatola e per sempre, sepolte da strati di foto di altre occasioni, di anni, di vita nostra e degli altri.

Oggi non rimane nemmeno il sorriso dolce-amaro delle foto stampate. Ci sono i selfie dappertutto, e il loro significato è totalmente diverso. Non c’è imperfezione, ma desiderio di mostrarsi e di mostrare. E’ annullato ogni rapporto col tempo: il tempo della posa che non andava sprecata, il tempo dello sviluppo, il tempo che trascorreva prima che quelle foto ci ricapitassero tra le mani anni dopo. Il selfismo è un vero dramma, dal mio punto di vista, e alcuni studi sostengono che sia dilagante non solo tra gli adolescenti ma anche nel mondo adulto. Pare sia un meccanismo compensativo che si mette in atto per colmare lacune emotive ed esistenziali. Non lo so, ma forse il ricordo è tutta un’altra cosa.

ACCORGERSI

Consiglio di lettura: Fritjof Capra, Il Tao della Fisica, Edizioni Adelphi

L’ho letto un po’ di anni fa, ed è da allora che mi sono appassionata dello stretto rapporto tra fisica quantistica e sviluppo della coscienza, pensiero orientale, principio di unità.

E’ affascinante tutta questa correlazione, ma ancor più affascinante è constatare che, più si indagano certi meccanismi, più ci si accorge di fenomeni che un tempo quasi non si notavano. Si riesce a dare un senso a molti accadimenti, legandoli tra loro, elidendo il principio di casualità e introducendo al suo posto altre leggi, come quella dell’intenzione e di causa-effetto. La prospettiva, allora, cambia totalmente e definitivamente. Si entra in contatto con un mondo invisibile straordinariamente potente. Più si desidera comprenderlo, più lo si comprende; più lo si indaga, più esso si fa indagare e ci parla. Accade tutto ciò che tu desideri che accada. Bisogna accorgersi, però, questo è fondamentale. E se si vive con le antenne alzate, cioè in uno stato percettivo che ammette tutto, allora questi fenomeni si intensificano, ti giungono moltissimi messaggi da mondi paralleli, da persone silenti e distanti. Distanti fisicamente, distanti perché non più in vita, distanti perché lontani emotivamente. Ti arrivano all’istante e tu comprendi qual è il messaggio e chi te lo invia. Comprendi il perché, a cosa ti serve o ti servirà. A volte non comprendi subito, ma servirà del tempo. Bisogna fermarsi, però. Ascoltare con l’anima, in quanto è un linguaggio che può manifestarsi con episodi del tutto fisici ma la cui lettura è analogica, simbolica.

Un paio di settimane fa, ad esempio, per alcuni giorni vedevo diversi cuori di cui mostro due foto: una foglia che mi è apparsa davanti agli occhi e una pozzanghera. Dovrebbe essere un angelo che ti parla, e lo fa perchè hai bisogno di lui. Giorni dopo, invece, stavo pensando intensamente ad una persona e nello stesso giorno diversi conoscenti di ambienti diversi me l’hanno nominata. Questa persona desiderava mettersi in contatto. Oppure, apro un libro e la frase che leggo risponde ad una mia esatta domanda, si rivolge a me. O ancora incontro una persona tutte le mattine, anche se l’orario non è lo stesso. Che significato hanno questi accadimenti? Quale messaggio ci portano? Vi sono anche periodi in cui tutto sembra tacere, allora sento che mi manca qualcosa. Così mi dico: ‘Roby, accorgiti’… E aspetto un segno. Sono sempre io la causa, quando i messaggi non mi arrivano, non sono attenta. Ora, da un po’ di tempo, sto attendendo il messaggio con la EMME maiuscola. Qualcosa che finalmente metta in fila tutto e mi permetta di spiegarmi  ciò che non sempre ho saputo spiegarmi. Lo aspetto, è la cosa che più desidero, quella che darebbe un senso a tutto il resto.

Vegetarianismo si/no

PERCHE' AMARE GLI ANIMALI

Mi hanno segnalato alcuni gruppi su Facebook che, come massimo divertimento, si impegnano ad insultare (senza però  riuscirci) chi ha scelto di essere vegano o vegetariano, mostrando foto di animali cucinati in tutti i modi e inneggiando alle gesta di quel deficiente di Cruciani. Da parte mia, che sono stata vegana e, negli ultimi tempi, più vegetariana, ammetto di non amare alcuna forma di violenza, che è poi il principio base che sta alla scelta stessa. Quindi, non posso accettare che chi abbia scelto di essere vegano o vegetariano adotti dei modi o un linguaggio di violenza e accusa nei confronti di chi non lo è. Ma soprattutto, non amo alcuna forma di corporazione, setta, formazione ideologica che pratichi un’ortodossia del pensiero. Piuttosto, se e quando si creano le occasioni con le persone che incontriamo, ha più senso spiegare le proprie ragioni e invitare l’altro ad ascoltarci. Va anche detto, però, che questi gruppi su Facebook (e ricordo che si tratta di un ambiente dietro il quale si scherma il proprio nanismo per apparire dei giganti), perlomeno quelli di cui mi hanno inviato alcuni screen-shot, basano principalmente la propria contro-argomentazione sostenendo che la carne sia buona e gustosa. Personalmente, credo anch’io che – data la cucina italiana – molte pietanze a base di carne siano squisite. E’ ovvio però che la questione del gusto non è certo la prima ragione che può portare a scegliere di mangiare o non mangiare carne o pesce, o derivati animali. Non intendo qui discorrere sulle ragioni fondamentali e, in primis, etiche. Vorrei citare solo la teoria dell’uomo grattacielo, secondo la quale ogni essere umano è in grado di leggere la realtà, e di viverla, secondo il proprio livello evolutivo. Parliamo di evoluzione della coscienza, non quindi di livelli raggiunti su un piano del successo materiale ma bensì spirituale. Un uomo che si trovi al piano terra di un percorso evolutivo, non si porrà domande che è possibile porsi solo se ci si trova ai piani superiori. Il mio personale invito a chi voglia confutare la scelta vegana o vegetariana, quindi, è semplicemente di conoscere e approfondire le ragioni di chi la sceglie, informarsi, leggere, studiare, seguire conferenze, magari provare, domandarsi e domandare, sentire, immaginare, ipotizzare, aprire la mente, non accontentarsi di due battute da bar, ma innalzare il proprio pensiero in una disquisizione ben più elevata, etica, filosofica. Insomma: fino a che certi gruppi mostreranno di voler trattare la questione come fossero alle giostre, il risultato sarà sempre di apparire un po’ stupidi. Se invece cominceranno a prendere sul serio la questione, per confutarla, allora il dibattito può essere interessante. Soprattutto, uscite dal branco e pensate con la vostra testa, sentite con il vostro cuore, e salirete di piano.

Nathalie

Vorrei scrivere di alcune persone che reputo speciali. Nathalie, ad esempio, un’amica che abita nella piccola frazione dove anch’io ho una casa, nelle prealpi biellesi.

Nathalie è svizzera francese e da alcuni anni si è trasferita in questo luogo dopo aver subìto un brutto trauma a seguito del quale le hanno consigliato di cercare un luogo che fosse per lei sereno. Così, approdata lì e in pensione, si è dapprima occupata di ristrutturare una casa facendosi fregare da qualunque professionista le sia venuto in contatto. Le hanno sbagliato l’impianto elettrico, le hanno montato male la caldaia, l’hanno fregata in tutte le maniere perché non parla italiano (anche se lo comprende) e paga qualunque prezzo le venga richiesto ancor prima che il lavoro sia stato iniziato. E’ una persona pura, quindi non riesce a decodificare i comportamenti truffaldini o furbeschi del prossimo. Nathalie ti legge nel cuore, sa chi sei e cosa provi senza nemmeno parlarti. Per un’amica o un amico darebbe la vita, e non lo dico per dire. Tutte le mattine, svolge un rituale di preghiera all’Universo. In questo rituale, nomina tutta una serie di anime che possono essere persone a lei care, animali, persone che le vengono ‘affidate’ da noi. Al mattino ascolta il notiziario della Svizzera francese, e se si parla di un omicidio o del dispiacere di qualcuno, ecco che il nome della vittima verrà da lei inserito nella preghiera del mattino dopo. Anch’io le avevo affidato il nome di un amico, e un anno dopo, quando sono tornata da lei in estate, ho scoperto che stava ancora nominandolo nelle sue preghiere. Adoro Nathalie, ne sono totalmente affascinata. Lei ama le persone e gli animali visceralmente, cura diverse colonie feline e svariati cani, segue molte associazioni, scrive lettere a tutti su cause animaliste, ma si occupa molto anche di persone bisognose e sole. Non si risparmia mai. Ciò che amo di questa donna è il suo cuore, la sua capacità immensa di amare. Nathalie è esagerata in tutto ciò che fa. Lei non coltiva un orto, ma dieci orti contemporaneamente fino ad ammazzarsi di lavoro e seppellire tutti gli abitanti del villaggio dei suoi magnifici prodotti. Lei non taglia l’erba, ma pulisce montagne intere di rovi alti tre metri di tutti i campi abbandonati di chiunque. E’ venuta a tagliare i miei e iniziava alle 7.00 di mattina, quando io non sapevo ancora dov’ero e avevo fatto tardi la sera prima. Lei non cucina una torta, ma ne fa dieci e va a consegnarle di casa in casa. Se andiamo a fare la spesa insieme, lei riempirà totalmente il carrello di pappe per i gatti e per lei si dimenticherà di comprare qualunque cosa. Però, se le piace un cibo, allora va a comprarne 50 scatole. Se sa che ti piace un particolare tipo di cioccolato, te ne compra 10 confezioni. Se si arrabbia è una furia, se deve tinteggiare una parete comprerà una quantità di vernice sufficiente per l’intera città. Non so perché sia così, ma è così. Nel villaggio è stata parecchio bistrattata da Sindaco e qualche cittadino idiota (ce n’è anche lì), ma noi amici abbiamo fatto fronte comune e se le veniva recapitata una lettera di lamentela su qualcosa, ne venivano recapitate dieci a loro (questo ci ha divertito molto). Io amo Nathalie perché non si dimentica di nessuno, mi scrive spesso e lo fa percependo il momento giusto, ossia quando ho bisogno proprio delle sue parole. La sua passione è la mia, il suo amore per la vita è il mio. Come me raccoglie una formica perché non venga schiacciata. Ci siamo trovate. Nathalie, dacci un segno della tua bella persona su questo blog: sono tutti amici e adesso sono curiosi di conoscerti. 

Una sedia per l’anima

UNA SEDIA PER L'ANIMA

Questo è un bellissimo libro di Gary Zukav, che consiglio di leggere a chi già non lo conosce. Ho letto molto, sul tema dell’anima, in questi anni, a partire dai classici della filosofia orientale. Devo dire, però, che Zukav ha descritto la legge del karma in un modo molto profondo, che mi ha toccata. La dinamica del karma è riflessa nella terza legge del moto: “A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”. La legge del karma è però una dinamica energetica impersonale, mentre dal punto di vista della personalità si può sintetizzare così: ‘l’energia dell’intenzione torna verso colui che ha provato l’intenzione stessa’.

Il karma non è una legge morale, è un riequilibrio di forze positive o negative che vanno e vengono tra chi compie azioni, ma ancor prima sul piano delle intenzioni. Ad esempio, quando riceviamo una cattiveria da qualcuno, quando qualcuno ci fa del male, ci ferisce, compie un’azione malevola nei nostri confronti, faremmo bene a non giudicarlo. Questo perché, secondo la legge, alla sua anima risulta necessario compiere quell’azione per sanare se stessa. La sua anima ha bisogno di fare quell’esperienza, e anche se il male lo ha fatto a noi, è a se stesso che lo sta facendo, e attraverso l’elaborazione di questo riequilibrerà qualcosa del passato. Di fronte al male ricevuto, la prima reazione, oltre al dolore, è la rabbia. Ma Zukav spiega come la rabbia sia un sentimento che non appartiene all’anima, in quanto a questa appartiene per nascita solo l’amore. La rabbia, inoltre, genera anch’essa karma negativo, che andrà riequilibrato con un’ulteriore esperienza che ci farà nuovamente soffrire.

Avevo intenzione di scrivere un post rabbioso, e alcuni amici che sanno attraverso cosa sono passata, lo avrebbero giustificato. Ma non voglio essere una persona cattiva, mi piacerà sempre pensare che non ci fosse un’autentica intenzione di farmi del male, e se anche fosse così, non ci sarà da parte mia. 

Dobbiamo pensare che nessun’anima felice farebbe spontaneamente del male ad un’altra. Se ciò avviene, si tratta di una persona con un’anima infelice, e di quell’anima noi dobbiamo avere compassione. E nel provare compassione, noi sentiamo che gli stiamo inviando il nostro aiuto, e che se ciò che ci ha fatto doveva servirgli ad un livello molto profondo, ebbene ce ne facciamo carico. Evidentemente doveva avvenire così, dovevamo servire a questo. Se la si pensa così, ci si sente colmi di gioia, pur soffrendo.