Categoria: PITTURA
Antonello
Se penso che molte persone di oggi amano aggiungere il proprio titolo accademico ovunque, come se questo fosse garanzia di qualità, ancor più rimango affascinata dalla sua semplice firma: Antonello pictor. Un semplice nome, una maestria immensa. E’, ancora per poco, in mostra a Milano, Palazzo Reale, e non ho voluto perdermela. In ogni sala, una o due opere ben inquadrate, tavole di piccole dimensioni. E’ un pittore che ho sempre amato per la sua tecnica ‘fiamminga’ in un’Italia che dipingeva, nel ‘400, su altri principi. La si ritrova soprattutto nel San Gerolamo nello Studio, con una dovizia di particolari che richiederebbero di poter prendere in mano il quadro stesso, di poterlo toccare, inclinare e osservare con una lente di ingrandimento per assaporarne i piccoli dettagli.
La si ritrova nell’impaginazione e nei volti della sua Crocefissione, che ricordano Van Eyck.
Poi, i suoi ritratti, sacri e profani. Uomini in vista che ritrae di tre quarti, che guardano beffardi con volti perfettamente scolpiti dalla luce. Li guarderesti per ore, chiedendoti chi fossero e ringraziandoli per essersi fatti ritrarre ed esser così giunti a noi, che ancora ne parliamo.
Di fronte all’Ecce Homo penso di esser stata un quarto d’ora ad osservare i capelli e la corda al collo. Sembrava una corda vera.
Infine l’Annunciata di Palermo, con quello sguardo che vorresti seguire percorrendone la linea di fuga.
Magnifiche opere, magnifica mostra, grazie Antonello.
Marc
Marc Chagall: un pittore bambino, che ha saputo mantenere e comunicare la sua interiorità, le sue emozioni. Lo adoro per i colori e perché mi fa sognare. E’ bravissimo nel racconto della sua felicità e del suo amore per Bella Rosenfeld.
E’ un amore che permette loro di volare sopra i tetti della città, come in un sogno. Appartengono solo a se stessi e sono oltre tutto il resto.
E’ un amore che la fa volare dopo un pic-nic sul prato. Lui è felice e sorride, lei volerebbe ancora più in alto di così, come un palloncino, ma è trattenuta da lui. Lui non vuole che scappi.
E’ un amore che la coglie all’improvviso durante il suo compleanno, dopo l’omaggio dei fiori e la torta pronta da tagliare. Lui è impulsivo, non può fare a meno di cercarla, di amarla, di darle attenzioni. Lei è stupita, benevolmente.
E’ un amore delicato e appassionato, sono forme oniriche, fanciullesche, sono i colori dei bambini, della fantasia, di tutto ciò che ci portiamo dentro, dei nostri sospiri.
L’atmosfera perfetta
Ed eccola, l’atmosfera perfetta. E’ nei quadri di Thomas Kinkade, definito pittore di luce e per me magnifico.
Qualche snob la chiamerebbe pittura di genere e di maniera, ossia – in un’accezione negativa – la ripetizione di un certo cliché con finalità di diffusione della propria opera, per moda o per convenzione.
Io, invece, che bado alle emozioni e delle classificazioni me ne frego abbastanza, di fronte ai paesaggi di Kinkade mi sciolgo. Li osserverei per ore, particolare dopo particolare, scenetta dopo scenetta. Quelle luci, quei bagliori dei lampioni sotto il nevischio, quei baluginii dei fari sulla neve, è il mondo incantato in cui vorrei vivere. In fondo, se Kinkade riesce ad immaginare ancor prima che a produrre, dei tali paesaggi, qualcosa a questo mondo l’ha donato eccome, perché ci ha consegnato un senso di calore e di bellezza, e sappiamo quanto ce ne sia bisogno.
Se guardando queste opere riusciamo a sentire il freddo, se chiudendo gli occhi percepiamo lo scorrere del ruscello, o vorremmo entrare a tutti i costi in quel cottage o in quella chiesetta, ebbene questa è arte a tutti gli effetti, perché riesce a produrre sensazioni forti, emozioni, immaginazione. In due parole: ci porta lontano.
Monsieur Caillebotte
Ci si può innamorare di un pittore per i suoi soggetti, oltre che per la sua maestria. Mi sono innamorata di Gustave Caillebotte scoprendolo un po’ per caso e, studiando gli impressionisti, non lo trovavo nemmeno citato sui manuali universitari. I suoi soggetti, scene comuni in esterni o interni con uomini e donne alle prese con piccole azioni quotidiane, appartengono proprio al linguaggio impressionista. C’è un sapiente taglio fotografico che immobilizza il momento in una eterna sospensione; c’è anche molto accademismo, forse questo meno impressionista. Adoro in particolar modo i suoi selciati bagnati di una Parigi sotto la pioggia. Il suo quadro più famoso è proprio ‘Parigi in un giorno di pioggia’ (1877), che ritrae un momento di borghese passeggio qualunque, ed io potrei restare a guardarlo per ore, la scena principale e le scenette secondarie, le quinte. Entro nell’opera e passeggio con loro, seguendo i passi dei protagonisti o di ciascuna comparsa, chiedendo loro se posso accompagnarli. Dove staranno andando? Percepisco l’umidità di quell’acqua, l’odore della pioggia su quel selciato iridescente, persino la temperatura dell’aria. E la prospettiva perfetta, la descrizione degli ombrelli, quegli spazi nelle strade che ormai non vediamo più. E’ un’opera che mi affascina, come i suoi studi. Vorrei omaggiarlo proprio in questo periodo piovoso.
Gustave Caillebotte, Parigi in un giorno di Pioggia (studio)
OPHELIA
Ophelia, Sir John Everett Millais, 1851, Tate Gallery
Millais era membro della confraternita dei Preraffaelliti, e dipinse questo magnifico quadro che rappresenta la morte di Ophelia, annegata nel fiume Lete dopo aver appreso dell’assassinio di suo padre per mano del suo promesso Amleto (Amleto, W. Shakespeare).
Questo il passaggio preciso dell’opera descritto dal quadro:
‘Le sue vesti, gonfiandosi sull’acqua, l’han sostenuta per un poco a galla, nel mentre ch’ella, come una sirena, cantava spunti d’antiche canzoni, come incosciente della sua sciagura o come una creatura d’altro regno e familiare con quell’elemento. Ma non per molto, perché le sue vesti appesantite dall’acqua assorbita, trascinaron la misera dal letto del suo canto a una fangosa morte’.
Il pittore aveva effettuato intensi studi sulla natura campestre, qui ritratta magistralmente e scientificamente, per poter inserire nel quadro una serie di simboli iconografici:
Il salice piangente: l’abbandono del proprio amato
I ranuncoli: l’ingratitudine
L’ortica: il dolore
Le margherite: l’innocenza
I nontiscordardimè: il ricordo
La rosa: la bellezza e l’amore
Le violette: la morte prematura
Il papavero: la morte
Da ultimo, oltre al teschio, simbolo di morte, il pettirosso che simboleggia il martirio e un nuovo inizio.
Ed ecco un elenco di fiori con i loro significati. Quando uno di loro ci attira identifichiamoci con quel sentimento (io amo le violette, pensate un po’…)
-ANEMONE: abbandono sentimentale
-AZALEA: aspirazione, gioia d’amare
-BEGONIA: amicizia, cordialità
-CAMELIA: fierezza, riconoscenza, piacere
-CICLAMINO: scoraggiamento, gelosia
-DALIA: novità
-FIORDALISO: delicatezza, onestà
-FIOR D’ARANCIO: pudore, purezza, generosità
-GARDENIA: amore duraturo
-GAROFANO BIANCO: costanza
-GAROFANO ROSSO: ardore, fierezza
-GAROFANO ROSA: tenerezza
-GAROFANO SCREZIATO: rifiuto
-GELSOMINO: timidezza, amabilità
-GENZIANA: tradimento
-GIACINTO: felicità, speranza, benevolenza
-GIAGGIOLO: buone notizie
-GIGLIO BIANCO: innocenza, purezza, maestà
-GIGLIO GIALLO: irrequietezza
-IRIS: fiducia, tenerezza
-LILLA’ BIANCO: amicizia amorosa, giovinezza
-LILLA’ LILLA: prima emozione
-MARGHERITA: indecisione, varietà
-MIMOSA: sicurezza
-MUGHETTO: ritorno della felicità
-MIOSOTIS: “non ti scordar di me”
-NARCISO: vanità, egoismo
-NASTURZIO: disperazione
-NINFEA: dolcezza
-ORTENSIA: civetteria, insensibilità
-ORCHIDEA: ambizione, raffinatezza
-PEONIA: presunzione
-PRIMULA: tenerezza per l’adolescenza
-ROSA BIANCA: amore timido, silenzio
-ROSA CANINA: amore poetico
-ROSA GIALLA: infedeltà, invidia
-ROSA ROSSA: passione
-TUBEROSA: voluttà
-TULIPANO: dichiarazione,amore coniugale perfetto
-VERBENA: incantesimo
-VIOLA DEL PENSIERO: ricordo costante, amicizia reciproca
-VIOLETTA: modestia, amore segreto
VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA
Caspar David Friedrich, 1818, olio su tela, 98,4 x 74,8 cm, Hamburger Kunsthalle Amburgo