Crisi

BERLUSCONIRENZISALVINI

Rieccoci all’ennesima crisi di governo, cose già viste, e rieccoci alle solite chiacchiere da bar. Da una parte il popolino che ha votato il Leader di turno, dall’altra il popolino che sfrutta il momento per innestare la propria migliore ideologia. In rete impazzano commenti in tutte le salse come in una partita di calcio fiorentino, con modi e rozzezza medievali (e io sono un’estimatrice del Medioevo). Lo schema si ripete: al momento di massima decadenza del Leader precedente (che non avevo votato), a sua volta acclamato come salvatore della Patria rispetto al Leader ancora precedente (che non avevo votato), subentra questo (che non ho votato). Intanto una considerazione personale: così come non può essere considerata sana per definizione una società quotata in borsa con un titolo di buon valore, non può essere considerato illuminato un politico super acclamato. Mentre infatti il Leader cresce in popolarità, il suo seguito smette di pensare sentendosi in buone mani e, questo, fa marcire la società dall’interno. In effetti, basterebbe essere un minimo osservatori e conoscitori della natura umana per intuire quali caratteristiche del Primo Ministro di turno emergeranno preponderanti. Basterebbe averlo ascoltato con cura, averne misurato il carattere, per comprendere cosa avverrà nel tempo, dato che alle persone mediocri il potere dà alla testa più dell’alcool. Una cosa è certa, i tre Leader degli ultimi tempi hanno condiviso una caratteristica: l’egocentrismo, che però – evidentemente – è la caratteristica più ricercata dalla maggioranza del popolo italiano. Si governa non per essere al servizio delle persone ed essere divorato dai dubbi, ma per accrescere la stima di se stessi (bassa per definizione, evidentemente), per ascoltarsi mentre si parla, per ricevere gli applausi dal popolino, per accontentarli con slogan fasulli e tenere in vita la loro illusione. Però, non vorrei cascare anch’io nella critica facile verso il Leader, lui è lui ed era lui anche prima e per quanto mi riguarda vale uno. Quello che, invece, mi incuriosisce è il fenomeno dei detrattori, i quali rivolgono le proprie critiche a questo ‘uno’ anziché ai milioni che l’hanno votato e che si esprimono, similmente, attraverso slogan e pregiudizi. Spiego meglio: non è che lui è il Tiranno che nessuno vuole, lui è stato scelto consapevolmente perché quella parte di popolo in lui si identifica e desidera vivere così:

  • Non vuole che sul proprio territorio locale o nazionale circoli uno qualsiasi che non si chiami Rossi o Verde (anche se poi non saprebbe dirti qual è il capoluogo di provincia del Molise, terra che non sapeva fosse italiana); al massimo può circolare per il periodo in cui lui è al mare in vacanza per servirlo. Chiude un occhio per la colf che chiama ‘filippina’ anche se è ucraina.

  • E’ convinto che, a parte la sua famiglia e tutti quelli del suo rione, gli altri vivano nelle capanne;

  • Non vuole che chicchessia gli rubi il lavoro, anche se di lavorare non ne ha la minima voglia, soprattutto se si tratta di sporcarsi le mani o di fare fatica;

  • Non vuole che un tizio chiunque sbarchi in Italia, a meno di non poterlo impiegare nella sua fabbrichetta o in nero da qualunque altra parte; lui, però, deve poter fare ogni traffico con ogni paese per potersi comprare il Porsche;

  • Non vuole sapere che nel proprio palazzo o nella classe del proprio figlio ci sia una persona di natura diversa da quella della stirpe da cui lui proviene, dato che intende ascoltare solo il dialetto con cui si esprimono i suoi parenti.

  • Non vuole che siano praticate altre religioni oltre a quella Cattolica, anche se lui bestemmia tutto il giorno e di andare a Messa nemmeno ci pensa;

E’ un popolo che si alimenta di frasi ad effetto, che anziché essere protagonista della propria vita, affida al politico di turno la risoluzione dei suoi problemi e delle sue frustrazioni. Crede che il modello giusto sia quello delle tasse da non pagare perché se ne pagano troppe per definizione, delle armi da usare perché lo faceva anche John Wayne contro i bruti. E’ la ricerca della virilità perduta da tempo, l’affermazione di muscoli che non si avrebbero altrimenti, la volontà di sopraffare chi ritenuto inferiore, di non conoscere ciò che non si conosce. Il desiderio di sentirsi, tolta la tuta da meccanico o depositato il Porsche, schierato in una partita perenne contro l’altrui fazione, questo si tipico dell’Italietta da secoli.

E d’altra parte, se si ama Twitter per quale motivo non dovrebbero essere amati gli slogan? Se si amano le reti commerciali e la tv spazzatura fatta di veline e tronisti, perché non amare il machismo? Se si amano Facebook e i selfie, perché non gradire le botte e risposte in pillola tra politici, o le loro apparizioni ovunque coi sorrisi stampati esattamente come avviene sul Social? Il problema, dunque, è il popolo. E’ il decadimento morale, culturale (non scolastico), è l’incapacità di approfondimento, di domanda. E’ il farsi andar bene una battuta al bar, o in tv, con la quale alimentare l’intera giornata. E’ un drammatico vuoto mentale. E’ di questo, che dobbiamo avere paura, non di altro: di noi stessi.

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