Si stima che, solo nelle case degli italiani, vi siano almeno 6 milioni di cani regolarmente tatuati o dotati di microchip, in Europa 66 milioni. Se tutti i detentori di un cane tatuato, che si presume lo abbia a cuore avendolo anagrafato, firmassero contro l’orrore del Festival della carne di cane di Yulin che avrà inizio il 21 giugno in Cina come tutti gli anni, l’effetto sarebbe importante.
Credo invece che a firmare siano sempre gli stessi, anche molti che un cane nemmeno ce l’hanno. In effetti, non è fondamentale averlo per comprendere che quello schifo vada fermato, ma è d’obbligo che tutti i possessori di un cane, che sostengano di amarlo, lo facciano. Altrimenti non lo amano. Così come non possiamo sostenere di amare i bambini se ipernutriamo il nostro e siamo insensibili contro le altrui creature, allo stesso tempo non possiamo guardare negli occhi il nostro, di cane, senza vergognarci per non aver fatto nulla per quelli come lui che, semplicemente, sono nati da un’altra parte.
E’ vero, ci sono quelli che comprano un cane (non lo adottano) per farne un’estensione estetica di sé, per mostrarlo in giro, per sentirsi più temibili, per agghindarli. Malati di mente da cui non c’è nulla di buono da aspettarsi. Ciò che non mi sarei aspettata, invece, è che sui siti dei principali operatori cinofili non compaia una parola – dico una – su questa tragedia, come se l’occuparsi dell’educazione cinofila fosse solo una professione e che, per questo, sia avulsa dall’affrontare temi che riguardano le specie con cui si intrattiene. Come possono pensare di saper comprendere i cani se poi non utilizzano questo loro sapere per cambiare il mondo? Potrebbero, come operatori, organizzare cortei presso l’Ambasciata Cinese, alimentare raccolte di firme. Potrebbero fare cultura sul rispetto, sulla non violenza. Potrebbero diffondere la conoscenza di quel Festival ai molti che purtroppo ancora non lo conoscono. Potrebbero.
Io non ho un cane, ma continuerò a firmare, per diversi giorni e su svariate piattaforme. Scriverò mail e continuerò a farlo anno dopo anno, fino a sperare che quella sagra dell’orrore finisca per sempre e smettere di pensarci. Mi vergogno di queste manifestazioni dell’uomo, chiedo a quei cani di perdonarci, di comprendere la nostra sete di violenza, loro che ci guardano negli occhi fidandosi di noi. Nel frattempo, poiché non guardo quasi mai la televisione, non so se i telegiornali ne parlino. Immagino siano molto occupati nei soliti salamelecchi nei confronti dei potenti di turno. Poveri cani, ma anche poveri noi.