Scrutando il cielo, ad occhio nudo, mi chiedo spesso cosa siano le stelle e l’Universo in generale. Cosa siamo noi rispetto ad esso, che spazio occupiamo realmente, e che ruolo. Ciò che vediamo, in una normalissima nottata di stelle, è ciò che è già accaduto, ovvero ciò che l’informazione inviataci dalle stelle ci mostra solo ora.
La luce ha la velocità di 300mila km al secondo; se una stella è a mille anni luce, noi la vediamo com’era mille anni fa.
Quindi, ciò che vediamo è solo ciò che pensiamo di vedere. Una grande illusione, una tardiva fotografia del cielo, della realtà. Tutto questo è per me tanto affascinante quanto inquietante. La singola stella che vediamo oggi brillare, e alla cui bellezza doniamo un nostro pensiero, un nostro desiderio, può non esistere più da moltissimi anni lasciandoci inconsapevoli. Può essere di tutt’altra forma o dimensione e non avercelo ancora fatto sapere. La loro luce è partita nella maggioranza dei casi prima dell’affacciarsi dell’umanità stessa sulla faccia della Terra, e quando arriverà la luce inviata oggi stesso, l’uomo potrebbe nel frattempo essersi estinto e il Pianeta Terra non esistere più.
Quindi, ci troviamo nel mezzo tra l’invio del segnale da un remotissimo passato che ignoriamo, che teorizziamo, e l’attesa di un segnale che arriverà quando forse non potremo più attenderlo.
Che significato ha tutto questo? Riusciamo a vedere fino a 13 miliardi di anni fa: si tratta non di singole stelle, ma delle prime galassie, le più lontane. Quella è, infatti, l’età dell’universo.
Possiamo far conto su Proxima Centauri, perché si trova nella costellazione del Centauro, ovvero a soli 4,3 anni luce da noi: ciò significa che, per coprire la distanza tra noi e la stella, la luce deve viaggiare per oltre 4 anni.
La vediamo per come era 4 anni fa e, tra quattro anni, vedremo come era oggi.
Non è affascinante tutto questo? Non è profondamente misterioso? Che significato ha tutto questo spazio, se noi e ciò che conosciamo si riduce ad un piccolo pianetino?
Forse è un messaggio: la realtà stessa che vediamo, di fatto non esiste. E’ una proiezione di ciò che desideriamo vedere, di ciò che pensiamo e vorremmo vedere. Così nelle cose piccole, nelle persone. Proiettiamo costantemente, in una realtà che di fatto non esiste perché frutto delle proiezioni di tutti noi. Rimane l’incanto per l’intera narrazione, rimane il mistero di ciò che non conosciamo e a cui non sappiamo dare un nome. Avviene così, per me: quando mi trovo a dannarmi per le cose quotidiane, mi fermo e rifletto su chi io sia rispetto al mio pianetino, alla mia galassia, all’Universo intero. Tutto scompare, tutto torna al suo posto, ed io mi elevo.