Sorriso

POMODORO

Faccio sempre dei complimenti alle mie piante, perché – dopo i mesi invernali in cui comunque mi sono presa cura del loro torpore, questo è il periodo in cui ognuna di loro si dà parecchio da fare. Non mi limito a bagnarle, ma dico una parola specifica e personalizzata ad ognuna di loro tutti i giorni. Ed è un peccato che non possa essere in montagna, là si che avrei trascorso l’intera giornata tra fiori, alberi, uccellini e farfalle. Così, ogni mattina, mi piace avvicinarmi ad una pianta alla volta, bagnarla e osservare quali novità mi stia offrendo. Per una c’è un fiore che sta per sbocciare, per un’altra delle foglioline nuove, per un’altra ancora una gemma o un nuovo alberello. Le dico, allora, che è stata brava e che sono lieta di qualsiasi cosa ritenga di volermi donare. Accarezzo sempre le mie piante, sulla testolina e sulle foglie; il mio rapporto con loro è visivo e tattile, ma anche empatico e telepatico. Dico loro di presentarmi i loro piccoli e, anche quando sono bruttarelli come in alcune piante grasse, a loro dico che sono meravigliosi e che sono il risultato del loro sforzo e del loro amore. Ogni figlio, infatti, è degno di essere. C’è una grande energia in tutto questo, la mia e la loro all’unisono. Ci parliamo, presento una nuova piantina alla mia gatta e la gatta alla nuova piantina. Quest’anno, per la prima volta, ho sperimentato la semina di pomodori sul balcone, anche se faccio parte di coloro che farebbero fatica a cibarsi di ciò che persino coltivano, lo riterrei un tradimento. Ho dato per scontato che nulla sarebbe cresciuto, non so perché. E invece, mentre una mattina facevo il giro delle piante per dir loro la parolina del giorno, erano sbucate le prime due foglioline di un solo semino, tra tanti che avevo seminato (forse troppi). Mi sono emozionata, perché anche se fossero state due foglioline di sola erba, l’avrei ritenuto un miracolo a cui avevo partecipato personalmente. Così, su quelle minuscole foglioline, ho rivolto le mie attenzioni come si farebbe nei confronti di un esserino indifeso qualunque. Mi sono avvicinata ed ho inviato loro un sorriso.  Poi, scavando leggermente altrove, ho visto che moltissimi altri semi avevano già iniziato a germogliare ed erano pronti a sbucare dalla terra. Ho rivolto un discorso a tutti in generale, chiedendo loro perché, in una semina, un germoglio risulti più veloce di altri, cosa lo determini. E dato che non mi hanno risposto, e che il dubbio di queste misteriose forze della natura mi rimangono nella mente, ho deciso di aiutare tutti in uno sforzo collettivo. Così, mentre nel pomeriggio prendevo una mezz’oretta di sole, e non di più perché non lo sopporto, ho messo Mozart e l’ho fatta ascoltare ai germoglietti. Il giorno dopo, di pianticelle ce n’erano decine, e anche se non dessero alcun frutto sono ormai parte della famiglia e verranno nutriti nel corpo e nello spirito dalla mia acqua e dalle mie parole. Oggi, quelle piantine sono alte e le ho già accarezzate più volte, schiacciandole un po’ per eccesso di amore e poi aggiustandole con ulteriore eccesso di amore. Ed anche loro mi hanno sorriso.

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